L’Agenzia delle Entrate può attribuire d’ufficio una partita IVA al socio legale rappresentante di una società

Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle Entrate può attribuire d’ufficio una partita IVA al socio legale rappresentante di una società. Studiamo il caso.

La Cassazione, con l’Ordinanza n. 11915 del 06/05/2021, ha affermato la possibilità di aprire d’ufficio una partita IVA al legale rappresentante di una società. Nella specie, la Commissione Tributaria Regionale aveva rigettato l’appello del contribuente. Contribuente, socio legale rappresentante di una società, che era accusato di aver effettuato ingenti conferimenti in denaro nella stessa società, non giustificati dai redditi dichiarati. Avverso la decisione il contribuente proponeva infine ricorso per cassazione, censurando, in particolare, proprio il fatto che l’Agenzia gli avesse attribuito, d’ufficio, una partita IVA.

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La decisione

La censura, secondo la Suprema Corte, era destituita di fondamento. Evidenziano i giudici che, in sede di accertamento e senza contestazione da parte del contribuente, erano stati acquisiti dati dai conti correnti bancari della società. I dati acquisiti presso le aziende di credito, rilevano i giudici, hanno sicuramente valore di prove presuntive di maggiori ricavi, o operazioni imponibili. E questo a prescindere dalla prova che il contribuente eserciti o meno attività d’impresa o di lavoro autonomo. Laddove non sia contestata la legittimità dell’acquisizione dei dati bancari, gli stessi possono dunque essere utilizzati per dimostrare l’esistenza di un’attività occulta, professionale o imprenditoriale.

E, sulla base dei medesimi dati bancari societari, l’Agenzia delle Entrate può attribuire d’ufficio una partita IVA al socio legale rappresentante di una società. Né a questo poteva ostare, come pure asseriva nella specie il ricorrente, l’accertamento con adesione già eventualmente concluso dall’Agenzia con la società. Quest’ultima è infatti dotata di autonomia patrimoniale e soggettività distinta dal contribuente. Contribuente che, peraltro, neppure aveva dimostrato i fatti e le contestazioni, che potevano, in astratto, configurare una duplicazione di imposizione.

Osservazioni

L’Amministrazione finanziaria, prima di procedere all’attribuzione d’ufficio della partita Iva nel senso indicato, dovrà comunque provare che la “terzietà” societaria è solo apparente. Certamente, in caso di indagini finanziarie, i rapporti socio/società, soprattutto quando a ristretta base azionaria, rappresentano elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale. E questo in particolare laddove, come era anche avvenuto nel caso in esame, non vengano fornite indicazioni e giustificazioni sulle somme prelevate o versate.