La riduzione delle tasse fa crescere l’economia: l’idea di Laffer

Come pagare meno tasse

Abbasso le tasse! No, non vuole essere un facile slogan. E’ ciò che molti in Italia vorrebbero sentire pronunciare dal premier Conte: “Italiani, abbasso le tasse!”. Per una larga parte dell’opinione pubblica, ma anche per molta parte dei politici, abbassare le tasse è un passaggio fondamentale per fare ripartire l’Italia. E un abbassamento del carico fiscale potrebbe aiutare anche a recuperare quella parte di evasione che è stimata in oltre 100 miliardi l’anno. Ma sarà così?

La riduzione delle tasse fa crescere l’economia

Ve lo ricordate lo slogan: meno tasse per tutti? Su questo slogan Silvio Berlusconi ci ha costruito una campagna elettorale sbaragliando gli avversati politici. Lui era fermamente convinto che l’abbassamento del carico fiscale avrebbe liberato energie economiche. Nella sua opinione l’incremento della crescita avrebbe più che compensato la riduzione del gettito. Della stessa idea Matteo Salvini, che nel programma della campagna elettorale del 2018 propugnava l’abbassamento delle tasse attraverso una flat tax. Flat tax che avrebbe spinto la crescita e fatto emergere il lavoro nero.

Ma da dove provengono queste convinzioni? Dall’economista statunitense Arthur Laffer, consulente nei primi anni ottanta del presidente degli USA Ronald Reagan. L’idea di Laffer era semplice e suggestiva. Sosteneva che l’aumento del carico fiscale oltre un certo livello avrebbe diminuito le entrate fiscali complessive, perché avrebbero disincentivato il lavoro. La celebre curva di Laffer voleva dimostrare come oltre un certo picco la tassazione sarebbe stata nociva.

Nella Figura 1 si vede chiaramente come un aumento della tassazione oltre una aliquota del 70% sia controproducente. Ne deriva che uno Stato deve trovare l’aliquota di equilibrio che possa permettere di avere il massimo gettito fiscale. Quel livello di tasse tale che un suo ulteriore aumento porti solo alla riduzione del gettito complessivo.
Ma è veramente così?

 

Fonte: Università Cattolica di Milano, Osservatorio CPI,

La riduzione delle tasse fa crescere l’economia? Le critiche alla curva di Laffer

Molti economisti nel tempo hanno messo in evidenza come un aumento dell’aliquota fiscale non scoraggia le persone a produrre di meno. Anzi. Per compensare la perdita di guadagno netto, molti tendono a produrre di più.

Un’altra critica riguarda l’applicazione specifica della curva. Se in astratto la curva di Laffer ha una sua validità logica, quando la si applica ad una economia iniziano i problemi. In particolare quello di capire quale sia il picco e quindi capire da che parte della collina si colloca il livello di tassazione. Ci spieghiamo meglio. Nel disegno della figura 1, il picco è al 70%, ma chi dice che per esempio in Italia il picco non sia all’80%? O magari al 55%?  La curva in astratto può avere una sua validità, ma nulla ci dice sul livello ottimale di tassazione, il picco, appunto. Come trovarlo?

La curva  applicata all’Italia

Nel 2011 e nel 2013 due economisti, Mathias Trabandt e Harald Uhlig, hanno provato ad applicare la teoria di Laffer ad alcuni paesi europei compresa l’Italia. Hanno cercato di capire dove si collocasse il picco della curva, ovvero il punto di tassazione che ottenesse il massimo gettito. Il risultato ottenuto è sorprendente. Nella maggior parte dei paesi europei, Italia compresa, il livello di tassazione del lavoro era molto inferiore alla soglia che avrebbe garantito il massimo gettito.

Secondo questo studio ne deriva che nel 2013 la pressione fiscale in Italia si collocava nella parte sinistra della curva. Di conseguenza un suo calo non avrebbe permesso un aumento del gettito, ma una sua riduzione.

Un approfondimento all’argomento può essere letto in uno studio della Università Cattolica di Milano dal titolo: la curva di Laffer e la Flat tax