La reazione delle Banche centrali alla prova dei dati macro 

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L’inflazione ormai presente e in aumento è un fenomeno transitorio oppure sta diventando un elemento strutturale? E soprattutto, qualora fosse transitorio, che cosa si intende con questa parola? Quale sarebbe il lasso di tempo da considerare in ottica “transitoria”? Una risposta arriva da Carl Weinberg, capo economista di High Frequency Economics. Stando all’analisi degli ultimi dati statunitensi da lui effettuata, l’inflazione sembra essere confinata solo in alcuni settori. Primo fra tutti quello energetico. Il che suggerirebbe che si tratti di un fenomeno gestibile.

Secondo la sua view, a controbilanciare i lati negativi di una situazione ancora in fase di stabilizzazione, sarebbero i dati sulle vendite al dettaglio e sulla produzione industriale di ottobre, questi ultimi più forti del previsto. A questi si dovrebbero aggiungere anche i numeri positivi in arrivo dal mercato del lavoro a stelle e strisce con la creazione, ad ottobre, di oltre 531mila nuovi posti di lavoro e una disoccupazione al 4,6%.La ripresa economica, almeno negli USA, potrebbe avere la forza di supportare un’inflazione che, seppur temporanea, resta comunque rilevante.

La reazione delle Banche centrali alla prova dei dati macro

I dati macro che vengono snocciolati man mano ormai confermano ogni giorno di più che l’aumento del costo della vita sarà sicuramente il market mover dei prossimi mesi non solo sui mercati, ma anche per il consumatore medio. Quello che, però, interessa attualmente gli operatori è sapere, a questo punto, quale sarà la reazione delle Banche centrali alla prova dei dati macro. Infatti l’inflazione è cresciuta anche nell’Eurozona con un risultato che, sempre ad ottobre, arriva a +4,1%.

Stando alle rilevazioni ISTAT, anche in Italia, ad ottobre, si è visto un +3% da un anno all’altro, un altro record dal momento che non si registrava un risultato simile dal 2012.

Come sappiamo, la BCE ha deciso di rimandare il rialzo dei tassi confermando le sue politiche accomodanti. Questo perchè secondo il numero uno della Banca centrale europea, non ci sarebbero pericoli nel medio termine. Da parte sua, la FED ha deciso di soprassedere, almeno per il momento. Si tratta, però, di una strategia che non potrà essere adottata per sempre. Infatti ad ottobre il rialzo dell’indice dei prezzi al consumo ha visto un +6,2% annuo. Da qui la certezza che il 2022 sarà un anno in cui si vedrà la fine delle attuali politiche di sostegno. Oltre i primi rialzi dei tassi.

Se Washington deve combattere con la peggiore impennata degli ultimi 30 anni, le cose non vanno diversamente in Gran Bretagna dove si è toccato il massimo da circa 10 anni a questa parte. Londra, infatti, vede un +4,1% ad ottobre, ben oltre le attese ferme al 3%. Il che potrebbe dare alla Bank of England la possibilità di essere la prima delle tre ad inasprire le condizioni.