La doppia morale delle Banche: vogliono i soldi del gioco ma rifiutano di dare finanziamenti

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Con il coronavirus non si salva nessuno e investe anche le imprese del gioco. Dal 21 marzo anche questo settore ha dovuto attenersi allo stop. Dalla prossima settimana ci sarà un primo sblocco per poi nel seguito ritornare alla normalità. Intanto però gli imprenditori del settore sono in ginocchio come tutti gli altri. Anzi devono affrontare una difficoltà in più non per colpe loro. La doppia morale delle Banche: vogliono i soldi del gioco ma rifiutano di dare finanziamenti. Aprire un conto corrente presso gli istituti di credito dove far veicolare i soldi delle imprese è possibile, mentre oggi che hanno bisogno di accesso al credito gli viene negato. L’Agenzia Giornalistica sul Mercato del Gioco ci ha voluto vedere chiaro ed ha spulciato i Codici Etici e i bilanci di sostenibilità di 12 primarie banche italiane, di Poste Italiane. In prima istanza banche e poste non sono concordi ad offrire accesso al credito adducendo che il codice etico non lo permette.

Cosa c’è scritto nei codici etici

Ma approfondendo la materia non si fa nessun cenno diretto alle imprese operanti nel settore del gioco pubblico.  Le norme descritte valgono per qualunque impresa senza distinzione. Ci sono comunque dei casi che potrebbero essere a favore delle banche solo perché  il gioco in Italia non gode di buona fama: quando si parla di comportamenti etici e morali in senso largo.

La doppia morale delle Banche: vogliono i soldi del gioco ma rifiutano di dare finanziamenti

A  seguito di questa inchiesta tra codici etici e bilanci di sostenibilità l’Agimeg ha ritenuto che Unicredit, Fineco Bank, Banca Popolare di Milano, Bnl, Poste Italiane non hanno nessuna indicazione contro il gioco. Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena non hanno indicazioni dirette sul settore del gioco e infine Ubi Banca, Bper, Credit Agricole, Banca Popolare di Sondrio e Mediolanum lo fanno in modo esplicito.

Agimeg non si accontenta

Sulla questione l’Agimeg ha interessato l’Abi. Da parte di questa associazione è arrivato un messaggio chiaro: ogni istituto bancario può dare i soldi a chi ritiene più opportuno. La Banca d’Italia invece non ha risposto. Il problema resta. Le imprese del gioco, pur essendo lecite e pagano le tasse, per un’etica di superficie stanno affondando trascinandosi dietro anche migliaia di lavoratori.