La correzione con dichiarazione integrativa e l’istanza di rimborso operano su piani diversi e costituiscono due opzioni concorrenti e non alternative. Studiamo il caso.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 27122 del 27/11/2020, ha chiarito rilevanti profili in tema di presentazione della dichiarazione integrativa e possibilità di richiedere il rimborso. Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad una società un avviso di accertamento, con il quale aveva rilevato ricavi 2008 erroneamente imputati all’annualità 2007. L’Amministrazione finanziaria aveva conseguentemente rettificato la perdita dichiarata e un maggior valore della produzione IRAP. La contribuente aveva impugnato tale avviso, presentando, nel frattempo, dichiarazione integrativa.
Successivamente, la stessa società presentava quindi istanza di rimborso, ritenendo che, a seguito della dichiarazione integrativa, rispetto all’annualità rettificata, si fosse verificata un’eccedenza di versamento. L’Agenzia respingeva tuttavia la richiesta, affermando che la pretesa contenuta nell’accertamento era stata impugnata e che, pertanto, in assenza di un giudicato, la richiesta della contribuente doveva ritenersi inammissibile. La società impugnava quindi il provvedimento di diniego e la Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso, con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale. Avverso tale decisione la società proponeva infine ricorso per cassazione, deducendo che, indipendentemente dalla dichiarazione integrativa e dall’istanza di rimborso, in sede contenziosa poteva comunque opporsi alla maggiore pretesa tributaria.
La decisione
Secondo la Suprema Corte il ricorso era fondato, seppur con delle precisazioni. Evidenziano i giudici di legittimità che, nella specie, non poteva trovare applicazione la possibilità di far valere, anche in sede di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che avessero inciso sull’obbligazione tributaria. Pur riconoscendosi al contribuente la possibilità di far valere, in sede di giudizio, eventuali errori commessi nella dichiarazione, tale facoltà è limitata al caso di opposizione ad una pretesa dell’Amministrazione. E non si estende dunque al diniego di una istanza di rimborso.
Rileva però la Corte, che la eventuale tardività della dichiarazione integrativa non assume rilevanza ai fini della richiesta di rimborso. Non sussiste infatti alcuna interferenza tra l’autonoma facoltà di emendare gli errori mediante dichiarazione integrativa e la presentazione dell’istanza. La correzione con dichiarazione integrativa e l’istanza di rimborso operano su piani diversi e costituiscono due opzioni concorrenti e non alternative.
Conclusioni
L’affermazione ha conseguenze molto rilevanti anche sotto il profilo dei termini. L’ordinamento tributario offre infatti così al contribuente, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, tre diverse opzioni, anche temporali. Può presentare la dichiarazione integrativa, non oltre il termine di presentazione della dichiarazione riguardante il periodo di imposta successivo. Oppure, può opporsi, in sede contenziosa, alla maggior pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria.
E, infine, in caso di avvenuto pagamento, può chiederne il rimborso entro il termine di quattro anni dal versamento. I soli limiti a tali rimedi consistono nella decadenza dall’esercizio del diritto al rimborso, nella inoppugnabilità dell’atto impositivo, o nel passaggio in giudicato della sentenza di rigetto dell’impugnazione.