Il drastico cambio di forward guidance e di stance di politica monetaria da parte delle principali banche centrali dell’Occidente sta producendo un effetto collaterale che era ampiamente previsto dai principali osservatori finanziari ma finora disconosciuto da molti economisti: la fine all’era del debito a rendimento negativo. Questo, infatti, che era diventato la norma nell’epoca delle cosiddette politiche monetarie “ultra espansive”, si sta ora riducendo di 11 trilioni di dollari a livello globale, se si calcola l’outstanding delle obbligazioni attualmente aventi rendimenti inferiori allo zero.
I prezzi dei sovereign bond sono crollati quest’anno, nel momento stesso in cui le banche centrali hanno deciso di porre fine agli acquisti massivi di asset su larga scala e di aumentare i tassi di interesse, con l’obiettivo di contrastare la recrudescenza inflazionistica imprevista, con l’indice dei prezzi al consumo che ha raggiunto livelli che non si osservavano dall’inizio degli anni Ottanta. Inflazione che sta ora spingendo i rendimenti sovrani di molte grandi economie anch’essi ai livelli più alti degli ultimi anni.
Di conseguenza, un ammontare di bond pari a un controvalore di 2,7 trilioni di dollari, viene attualmente scambiato sui mercati finanziari con un rendimento inferiore allo zero, secondo dati forniti dall’indice globale delle obbligazioni di Bloomberg, un indicatore che cattura l’andamento dell’intero mercato a reddito fisso. Azzerare completamente i rendimenti negativi attualmente presenti sul mercato significherebbe ritornare alla normalità per un’ampia gamma di grandi investitori. Una situazione alla quale la stragrande maggioranza dei trader si era completamente disabituata.
Inflazione che sta ora spingendo i rendimenti sovrani di molte grandi economie anch’essi ai livelli più alti degli ultimi anni
I rendimenti negativi erano, fino a un recente passato, considerati inconcepibili. Poi, sono in un primo momento giunti come novità assoluta e, successivamente, sono diventati una caratteristica endogena dei mercati globali. Tali rendimenti negativi significano che i prezzi del debito sono così alti, e il pagamento degli interessi così basso, che gli investitori perdono sicuramente denaro se mantengono le loro obbligazioni fino a scadenza. Riflettono, inoltre, la convinzione che le Banche centrali mantengano i tassi di interesse al minimo. Una convinzione che negli ultimi anni si è radicata nel credo popolare e che si è tradotta in grandi quantità di debito negativo in Giappone e nella zona euro.
Tale valutazione è però cambiata drasticamente negli ultimi mesi, in particolare nell’area euro, dove giovedì scorso la Banca Eentrale europea ha ribadito l’intenzione di porre fine al suo programma di acquisto straordinario di bond, mentre gli operatori cominciano a scommettere che i tassi di interesse torneranno a zero per la prima volta dal 2014 entro dicembre. Qualche economista riteneva convintamente che l’inflazione e i tassi a zero sarebbero diventati la nuova normalità per i prossimi decenni. Il risveglio improvviso dei prezzi, ha dimostrato loro che si sono pesantemente sbagliati.