In questi casi la pensione va restituita all’INPS

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La pensione è un obbiettivo agognato da moltissimi lavoratori. Con la quiescenza, infatti, è possibile dedicarsi ai propri hobby senza alcuna preoccupazione economica. L’Ente previdenziale di riferimento provvede mensilmente ad accreditare quanto dovuto ai propri assistiti. La serenità finanziaria garantita dagli assegni previdenziali costituisce quindi uno dei principali diritti per i lavoratori.

Dopo lunghi anni di lavoro e contribuzione, con la vecchiaia si ha diritto a percepire un assegno vitalizio. Oltre alla possibilità di poter estendere questo trattamento anche ai propri familiari conviventi. Esistono però delle situazioni nelle quali il diritto al trattamento previdenziale può decadere. Il provvedimento amministrativo che sancisce la sospensione dei pagamenti prende il nome di cessazione della pensione. In questi casi la pensione va restituita all’INPS, almeno in parte.

Cosa dice la Cassazione

Uno dei casi di cessazione della pensione è la morte del pensionato. Al momento del decesso di un titolare di pensione, il Comune di residenza deve darne comunicazione agli Enti previdenziali. In base a tale informazione, l’Ente provvede autonomamente a bloccare i futuri pagamenti. Alcuni bonifici potrebbero però partire comunque, anche dopo il decesso del pensionato.

Come devono comportarsi gli eredi di fronte al pagamento di una pensione successiva alla morte del beneficiario? In questi casi la pensione va restituita all’INPS, come stabilisce la sentenza 28831/2018 della Cassazione. In estrema sintesi, per i giudici, se l’INPS effettua l’accredito dopo la morte del pensionato, gli eredi devono restituire i soldi all’Ente. Al contrario, la pensione è corretta qualora arrivi prima del decesso del titolare. Per definire con certezza il diritto o meno alla mensilità, farà fede la data valuta del pagamento. Questa informazione è indicata nel cedolino o nella distinta di bonifico.

In questi casi la pensione va restituita all’INPS

Le regole in materia di cessazione della pensione valgono anche per altre casistiche. In alcune situazioni, il diritto al trattamento previdenziale decade per i beneficiari dei trattamenti di reversibilità. Ad esempio, al compimento della maggiore età dell’orfano. Oppure alla conclusione del suo corso di studi. Anche il coniuge superstite può perdere il diritto a percepire la reversibilità qualora contraesse nuove nozze. In questi casi la pensione va restituita all’INPS analogamente a quanto analizzato in caso di decesso del titolare. Lo Stato può chiedere al cittadino la restituzione di una somma erogata non solo in ambito pensionistico. Il messaggio INPS 2261/2020 prevede ad esempio, specifiche situazioni nelle quali i beneficiari devono restituire la propria NASPI.