In Italia conviene essere ricchi e fare da soli o poveri sulle spalle dello Stato?

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In Italia ci sono quasi 2 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta. E 3 milioni di famiglie versano in condizioni di povertà relativa. Si tratta di circa il 17 per cento della popolazione. Il resto, però, non vive da nababbo. Il reddito medio di una famiglia di tre persone è di 38.500 euro, se si tratta di lavoratori dipendenti. Se parliamo di autonomi, il reddito sale a 45.500 euro. Gran parte degli italiani, proprio perché vivono in condizioni di povertà, godono però di una serie di agevolazioni, bonus e benefici riconosciuti dallo Stato. Ma finanziati con il reddito di una minima parte della popolazione. Il 40% dell’IRPEF totale è versato solo dal 6% dei contribuenti, e solo il 6% degli italiani dichiara più di 50.000 euro. In Italia conviene essere ricchi e fare da soli o poveri sulle spalle dello Stato?

In Italia conviene essere ricchi e fare da soli o poveri sulle spalle dello Stato?

Chi è ricco non deve dire grazie a nessuno, probabilmente. Si è fatto da solo grazie alle sue capacità alla sua intelligenza e a qualche colpo di fortuna. Probabilmente dà lavoro a svariate persone, che può dire di aver salvato dalla povertà.

Chi è povero, nonostante le sue capacità e la sua intelligenza, probabilmente non ha avuto un solo colpo di fortuna nella vita. Non ha avuto genitori benestanti e non ha potuto studiare in scuole private. Ha diversi debiti che non può pagare, ma siccome in Italia non si va mai in carcere per i debiti, e siccome i creditori non gli possono pignorare ciò che non ha, vive in pace e sereno con la famiglia, a fronte però di parecchie rinunce.

Il ricco ha imparato che nella vita più soldi hai e più ti senti al sicuro. Si può concedere quello che vuole. Probabilmente ha una bella casa, un appartamento al mare e un altro in montagna. Ha una famiglia a cui non manca nulla, e che può concedersi quello che vuole.

Il povero ha imparato che nella vita tutto sommato si sente al sicuro. Non può avere quello che vuole e gli manca anche il necessario, a volte. Ma a differenza dei ricchi non ha preoccupazioni. Non vive con l’ansia di perdere il  patrimonio, né teme i ladri. In più fa la spesa con i soldi dello Stato grazie al reddito di cittadinanza. Ha vissuto in un alloggio popolare che gli ha dato il Comune, ma ora risiede in un piccolo appartamento che ha potuto comprare grazie alle agevolazioni sulla prima casa dello Stato. E non ci paga l’IMU.

Meglio ricchi o poveri, allora?

Il ricco ha fatto la sua fortuna lavorando sodo, non permettendo mai che qualcuno ottenesse da lui quello che non doveva pretendere. Se qualche volta gli andava male, sapeva di avere un buon paracadute, e grazie alle sue risorse ha infatti messo al sicuro tutti i suoi beni. Una parte sono stanziati in un trust all’estero e in fondi patrimoniali. Ha la separazione dei beni con la moglie, a cui ha intestato due case, e un’altra al figlio. Insomma, è al sicuro.

Il povero ha lavorato sodo, ma è stato sfortunato. E ha permesso a qualcuno come il ricco di ottenere da lui fatica in cambio di briciole. Tuttavia, ogni volta che qualche padrone lo licenzia, già dopo qualche mese si prende la disoccupazione, e per diversi mesi ha un reddito con cui campare senza dover lavorare.

Se un giorno le cose dovessero andare male al ricco, ha i soldi e beni a sufficienza per non trovarsi con le spalle scoperte. Se l’azienda dovesse fallire, ha già messo al riparo i soldi. Certo, magari si farà un processo penale, ma in Italia non si va mai in galera. Tutto sommato, è un rischio che oggi ha calcolato in partenza.

Se un giorno le cose dovessero andare peggio al povero, non ha né soldi né beni a sufficienza per essere pignorato. Nessuno gli può fare niente. Si sente in una botte di ferro. Grazie infatti alla legge italiana, se non paga le tasse non gli possono espropriare la casa, e neppure i 4/5 dell’eventuale pensione che chissà un giorno prenderà. Anche il conto corrente non può essere pignorato fino a 1.450 euro

Potremmo andare avanti con molti altri esempi, ma avete capito l’antifona, vero?