Ci sono storie di vite che rimbalzano tra gli organi di informazione, dalle pagine social. Per quanti non sono sul campo, la documentazione del conflitto poggia sulle agenzie e sulle comunicazioni mediate dalla tecnologia. Poi sulle telefonate di chi chiede aiuto e racconta il proprio dolore che diventa quello di un popolo fatto di uomini e donne, bambini e anziani. Sia in Russia che in Ucraina. Lungi dal prendere parti, per rigore professionale riportiamo la testimonianza di una giovane ucraina, che è riuscita a lasciare Kiev il 24 febbraio. La sua voce è interrotta da momenti di lacrime e apprensione per la consapevolezza di una vita sospesa. In fuga sotto il suono inquietante delle sirene e il tonfo dei bombardamenti. Dall’oggi al domani, chi ci contatta, si è ritrovata nel tunnel della paura. Quella che ti stringe in gola e non cessa mai.
Ci racconta com’è riuscita a lasciare Kiev?
«Intanto due fattori hanno giocato a mio favore. Avevo il pieno di carburante in auto e avevo comprato da qualche giorno il portapacchi da mettere sull’auto. Il 24 mattina appena mi sono svegliata, sul cellulare ho trovato messaggi che parlavano dell’attacco all’Ucraina. Ho preso poche cose perché la paura era tanta. Con il mio fidanzato, la vicina di casa siamo partiti».
In quanto tempo siete riusciti a lasciare la città?
«Per arrivare nel posto in cui sono abbiamo impiegato molte più ore di quante ce ne vorrebbero normalmente, più del doppio. Abbiamo visto lunghe code di auto ai distributori di benzina perché non avevano previsto tutto così all’improvviso. Le strade intasate dal traffico. Abbiamo provato a comprare qualcosa da mangiare ma non avevamo fame, non abbiamo fame».
In fuga per il diritto alla vita, la testimonianza di una giovane ucraina che ha lasciato Kiev. Lei come trascorre queste ore?
«Tutto il giorno ascoltiamo le news, seguiamo i post sui social. Proviamo ad uscire per cercare negozi aperti e comprare il necessario. Viviamo in apprensione. Ci dicono che sono morti molti militari, sia russi che ucraini».
Quali sono (o sono stati) i momenti peggiori?
«Il suono delle sirene crea qualcosa di indescrivibile perché sai che qualcosa può arrivarti in testa e vivi questo almeno 3-4 volte al giorno. Speri che al suono della sirena non segua un forte rumore e cioè che l’Ucraina sia riuscita a fermare l’attacco. È inquietante».
Kiev sta vivendo momenti ancora più acuti….
«Sì adesso molti che conosciamo non riescono a lasciare Kiev. Da qualche ora è diventato impossibile lasciare la città perché uscire significa rischiare troppo. Probabilmente chi è rimasto anche se vuole scappare non riesce più»
Ieri ci sono stati tentativi di negoziato. Può essere una speranza?
«Non sappiamo molto dell’esito, però a Kiev ci dicono che la situazione è peggiorata. Noi chiediamo aiuto perché ci attaccano e l’esercito ucraino cerca di difenderci. Ma sappiamo che è una battaglia difficile. Speriamo riuscire a tutelare un nostro diritto che è il diritto alla vita».
In fuga per il diritto alla vita, ecco la testimonianza di una giovane ucraina che ha lasciato Kiev nel primo giorno di attacco. Il racconto del significato reale per i cittadini dei conflitti tra Stati.