In caso di estinzione della società i soci saranno responsabili del pagamento delle imposte della società nei limiti del valore dei beni ricevuti sulla base del bilancio finale di liquidazione. Studiamo il caso.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 28401 del 14/12/2020, ha chiarito un importante profilo sanzionatorio a carico del socio, in caso di estinzione della società. Nella specie, l’Agenzia delle Entrate aveva proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale ne aveva respinto l’appello. I giudici avevano infatti accolto il ricorso del contribuente avverso una cartella, relativa a sanzioni, notificatagli in quanto coobbligato solidale con la società di cui era stato socio e liquidatore.
Tale società era stata cancellata dal Registro delle Imprese nel 2009. La cartella era relativa ad un accertamento emesso per il 2000 nei confronti della stessa società. L’Amministrazione finanziaria censurava la sentenza per avere la CTR negato la validità della cartella. Questo sebbene le norme prevedano il subentro dei soci nelle posizioni debitorie della società di capitali estintesi. In particolare quando le posizioni debitorie siano esistenti al momento dell’estinzione della stessa società.
La decisione
Secondo la Suprema Corte la censura era infondata. Evidenziano i giudici che la responsabilità dei liquidatori, degli amministratori e dei soci di società in liquidazione è responsabilità per obbligazione propria ex lege, avente natura civilistica e non tributaria. La normativa, rileva la Corte, non pone a carico di tali soggetti alcuna successione o coobbligazione nei debiti tributari. Nemmeno allorché la società sia cancellata dal Registro delle Imprese.
La Cassazione chiarisce poi la disciplina applicabile in tema di responsabilità del liquidatore nei confronti dei creditori sociali rimasti insoddisfatti dopo la cancellazione della società. In particolare la Corte si riferisce al caso di un azzeramento, nel bilancio finale di liquidazione, della massa attiva non in grado di soddisfare un credito. E rileva come sussista fonte di responsabilità illimitata del liquidatore verso il creditore pretermesso, solo qualora sia dimostrato che siano stati eseguiti pagamenti contrari al principio della “par condicio creditorum”. Con riguardo poi ai crediti per imposte a carico della società, l’Amministrazione finanziaria può proporre azione di responsabilità nei confronti del liquidatore.
Ma tale azione è esercitabile a condizione che sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della medesima liquidazione. La stessa azione è esercitabile, del resto, nei confronti degli amministratori. A condizione che abbiano compiuto, negli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione, operazioni di liquidazione ovvero occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili. Quello verso il liquidatore e l’amministratore è, in conclusione, un credito dell’Amministrazione finanziaria non strettamente tributario, che trova titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale, costituente mero presupposto della responsabilità stessa.
La responsabilità del socio
A conclusioni simili si deve poi giungere anche con riguardo alla posizione del contribuente come socio. In caso di estinzione della società i soci saranno responsabili del pagamento delle imposte della società. Questo nei limiti del valore dei beni ricevuti sulla base del bilancio finale di liquidazione. Nella specie, comunque, tale disciplina non era neppure applicabile. Infatti si trattava non di imposte, ma di recupero sanzioni e accessori dei tributi. In definitiva, a seguito dell’estinzione della società viene a determinarsi un fenomeno successorio,. In questo caso i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono ma si trasferiscono ai soci. E i soci di società di capitali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione.
L’accertamento giudiziale del credito verso la società, pur opponibile ai soci ed ai liquidatori, non consente del resto al creditore di far valere il titolo esecutivo direttamente nei loro confronti. E’ infatti in tali casi necessario agire in giudizio contro gli stessi soggetti per l’accertamento delle rispettive responsabilità. Anche in caso di credito accertato con sentenza passata in giudicato. E questo anche al fine di porre il contribuente in condizione di contestare la fondatezza della pretesa. In ogni caso, peraltro, l’Amministrazione dovrà indicare gli elementi da cui si evinca che il socio, in sede di liquidazione, ha incassato somme. Oppure che ha ricevuto l’attribuzione di beni. La notifica diretta della cartella in proprio al socio per l’obbligazione tributaria accertata nei confronti della società non è dunque legittima.