E’ convinzione comune che la stampa di nuova moneta (o vista la digitalizzazione sarebbe meglio dire la messa in circolazione di nuova valuta) sia direttamente correlata all’emissione di debito pubblico.
Niente di più falso. L’unica Banca centrale che si attiene più o meno rigorosamente a questa idea è proprio la BCE sotto costante diktat tedesco. Salvo poi acquistare debito pubblico con danari che a loro volta acquistano nuovo debito pubblico che nel circolo vizioso di scarsa produttività generato non si sa quando e se verrà rimborsato.
Lontani sono i tempi in cui la stampa di moneta era correlata alle riserve auree, il cosiddetto “Gold Standard”,col quale se un oncia d’oro costava 35 dollari americani con un dollaro acquistavi 1/35 di oncia d’oro.
Semplice no? E allo stesso tempo autocertificante del valore intrinseco della moneta.
Tempi lontani andati, nel comune sapere sostituiti appunto dall’equazione emetto moneta parimenti al debito.
Ma attenzione siamo nell’era delle deregulation, l’epoca in cui:
– le riserve obbligatorie che per decenni costringevano le banche ad accantonare il 10% del denaro raccolto a riserva e quindi non utilizzarlo per prestiti, dopo la deregulation è vincolo divenuto ormai preistoria;
– di conseguenza coi parametri severi ma ragionati in vigore negli anni ’80 la maggior parte delle banche mondiali sarebbe finita in default da anni, dopo la deregulation salvo casi sporadici sono vive e vegete (o forse vegetali?);
– il mark to market ovvero la valorizzazione dei titoli, che non fanno più prezzo, all’ultimo prezzo disponibile (pratica che riguarda decine e decine di obbligazioni e derivati tossici)manco si immaginava che potesse esistere;
– sulle nuove banconote, euro in particolare, non vi è più nemmeno la dicitura pagabile al portatore e al proposito vorrei vedere pagabile da chi e con che cosa?
Siamo nell’ era delle nuove regole che tutto hanno stravolto e della “modernizzazione” dei processi.
Senza arrivare alla filosofia dei sovranisti riassumibile in questa frase: “Dire che uno Stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro equivale a dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri” è evidente che la correlazione stretta ed OBBLIGATORIA tra stampa/emissione di moneta e la creazione di debito pubblico risulta alquanto poco credibile.
Una barzelletta.
Ma allora perché insistere con i parametri rigidi sul debito e tutto quanto impoverisce sempre più ampie masse di popolazione?
Se da un lato è impensabile una liberalizzazione globale e senza limiti dell’immissione di nuova moneta, dall’altro perché impedire a una nazione di attivare meccanismi finalizzati alla creazione di posti di lavoro , all’implemento o riverifica di opere pubbliche di prima necessità o alle ricostruzioni post-calamità naturali? Quali reali contro-indicazioni ci sono?
L’unica credibile è che se il popolo accetta l’imposizione fiscale è perché sa di dover contribuire alla spesa pubblica e al relativo debito. In sostanza, piaccia o no, senza debito pubblico uno stato avrebbe molti più problemi a giustificare imposte tasse e balzelli.
Nel medioevo ci pensavano prezzolati sgherri ad andare a raccogliere le tasse per il signorotto piuttosto che il Principe, ovvero le minacce dell’inferno per le decime religiose; nell’era moderna è lo spauracchio del debito pubblico che motiva e giustifica ogni prelievo fiscale.
Ma poi questo debito pubblico (di cui tra l’altro ad essere precisi viene messa in circolazione solo il nominale e non la quota interessi…) esiste davvero?