Il contratto in frode alla legge ed il contratto in frode ai terzi: nullità del primo per illiceità della causa; inefficacia relativa o inopponibilità del secondo ai creditori concorsuali. Studiamo il caso.
L’istituto giuridico del contratto in frode alla legge, disciplinato dall’art. 1344 c.c., da interpretarsi in combinato disposto con l’art. 1343 c.c. e con il successivo art. 1418 c.c., rubricato: “Cause di nullità del contratto”, tipizza il contratto stipulato “Contra legem” o “Contra ius”. Segnatamente, un’interpretazione sistematica delle disposizioni codicistiche menzionate, consente di affermare che il contratto è sussumibile nel “Topos” “in frode alla legge”, in funzione della causa, ovvero quando essa, identificabile nella funzione economico sociale che i contraenti intendono realizzare, per mezzo dell’accordo, è illecita, ai sensi dell’art. 1343 c.c., perché il contratto viene utilizzato esclusivamente quale mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa.
La sanzione che il Legislatore applica in tal caso, ai contraenti, è quella della nullità radicale ed insanabile, in virtù della quale il contratto è “Tamquam non esset”, conseguentemente inefficacie tra le parti ed inopponibile a terzi.
Tuttavia, il Legislatore circoscrive l’applicazione della sanzione de quo, ad istituti e casi limitati, preferendo rimedi alternativi, tra i quali l’annullabilità, la nullità “sanabile” e l’inefficacia relativa e/o inopponibilità a terzi, in omaggio ad un principio di conservazione del diritto, che permea il codice civile.
Si è posta, pertanto, in giurisprudenza, la quaestio iuris dell’invalidità dei contratti “In frode a terzi”, laddove il “Topos” del contratto “In frode a Terzi”, non rinvenendosi nell’ambito delle disposizioni codicistiche di riferimento, è di matrice giurisprudenziale.
La questione è stata oggetto di una recente sentenza della Suprema Corte, chiamata a stabilire se il contratto, stipulato tra il creditore ed il debitore concordatario sia affetto da nullità insanabile, poiché sottoscritto all’unico fine di eludere una norma imperativa, in riferimento al reato contestato dal ricorrente di “Mercato di voto”.
Il ricorso per Cassazione è affidato a due motivi dalla parte ricorrente: Violazione delle disposizioni di cui agli art. 1343 c.c.; 1362 c.c. e 1418 c.c., nonché dell’art. 233 della L. Fall., per avere la Corte d’Appello competente escluso la nullità del contratto, per illiceità della causa, in riferimento al reato di “mercato di voto”. Ciò, sul presupposto per cui la controparte si sarebbe impegnata a votare a favore della proposta di concordato, in quanto titolare, in forza di cessioni precedenti, di gran parte dei crediti concorrenti, con il vantaggio di portare in compensazione i propri crediti in misura integrale, piuttosto che con la falcidia del 50% dei chirografari.
Il contratto in frode alla legge ed il contratto in frode ai terzi
In secondo luogo, violazione dell’art. 132 cpc, n. 4), per avere la Corte d’Appello escluso l’illiceità della causa del contratto, ai sensi dell’art. 233 L. Fall., “In assenza della stipula di vantaggi con un fallito, nell’interesse del fallito ed a proprio favore, per dare il suo voto nel concordato”.
I due motivi di ricorso per cassazione, in quanto connessi, vengono esaminati congiuntamente dall’Organo di Nomofilachia, il quale non manca di precisare che il complesso di accordi menzionati dal ricorrente non valgono ad inficiare la procedura di concordato, conclusa con il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione e con conseguente irrilevanza, ai fini auspicati dal ricorrente, del vantaggio economico conseguito dal creditore rispetto agli altri creditori.
In relazione ad ulteriore ma connesso profilo, la Suprema Corte, riguardo al reato contestato, si limita ad affermare che non si trattò di un accordo avente ad oggetto la promessa del voto favorevole, in cambio di indebiti vantaggi per il creditore, poiché la fattispecie penale in contestazione richiede che si tratti di un vantaggio ad esclusivo interesse del creditore e che esso costituisca l’unica ragione in base alla quale questi si determini a votare in un certo modo in sede concordataria.
La Corte, inoltre, cita la sentenza pronunciata nel connesso procedimento penale, dichiarativa dell’insussistenza del reato ascritto.
Per tale via, l’Organo di Nomofilachia, con la sentenza decisiva del ricorso, dello scorso 22.02.2021 n. 4701, nel rigettare lo stesso, enuncia la seguente massima di diritto: “L’eventuale intento delle parti di recare pregiudizio ai terzi creditori, mediante accordi in violazione della “Par condicio creditorum”, nell’ambito di procedure concorsuali, non integra la nullità del contratto, poiché, a differenza del contratto in frode alla legge, per il contratto in frode a terzi l’ordinamento allestisce altri rimedi, tra i quali, l’inefficacia relativa o l’inopponibilità dell’atto ai creditori concorsuali”.
La ratio sottesa a tale statuizione è da ravvisarsi nella voluntas legis di salvaguardare il contratto, preservandolo dalla sanzione della nullità insanabile, rendendolo semplicemente inopponibile nei confronti dei terzi creditori pregiudicati, ma efficace tra le parti contraenti e valido, nell’ambito di procedure concorsuali conclusesi con l’omologazione del concordato.
La sentenza si inserisce nel solco di quell’orientamento ermeneutico conservatore per cui “pacta sunt servanda”, con la conseguenza che l’interprete, tra diverse interpretazioni della volontà dei contraenti, deve prediligere quella per cui il contratto abbia un senso e “Sia salvo”.