Il caso della nave che affonda e si aggrappa alla ristrutturazione del debito

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Il default purtroppo è arrivato dopo il caso della nave che affonda e si aggrappa alla ristrutturazione del debito senza fortuna. Moby un mese fa ha disatteso tutti: non ha pagato la cedola su un bond, gli interessi su una linea di credito. Con i tempi che corrono, il mondo finanziario assomiglia ad un mare in burrasca, Moby sta tentando di mettere un ancora di salvataggio. Il gruppo sta tentando una trattativa con obbligazionisti, con finanziatori e commissari per trovare una via di uscita approfittando anche della sospensione delle negoziazioni alla Borsa del Lussemburgo.

Cosa è successo a febbraio

Le obbligazioni erano state acquistate tempo fa da vari fondi sul mercato secondario. I venti di burrasca hanno iniziato a soffiare a febbraio: prima uno standstill agreement con i fondi che si erano fatti carico di non farsi rimborsare i bond in modo da agevolare la ristrutturazione del debito. Ma non pagare le cedole ha voluto significare un indizio di default.

Nello stesso momento la Moby trattava con le banche sempre aggrappandosi ad un standstill agreement. Ma sia nel primo che nel secondo caso tutto è naufragato. Il caso della nave che affonda e si aggrappa alla ristrutturazione del debito non ha avuto gli esiti sperati.

La decisione della Commissione Europea

La situazione di cassa è di profondo rosso. Poi si è messa anche la Commissione Europea che ha ritenuto che i soldi pubblici versati alla sua controllata Tirrenia in undici anni non sono aiuti di Stato. Ai già tanti problemi se ne è aggiunto un altro.

Quanto deve pagare

Questa decisione è come un boomerang: Moby dovrà pagare 180 milioni di euro allo Stato Italiano rispetto ad un saldo dovuto per l’acquisizione del 60% di Tirrenia-Cin avvenuto tempo fa. Ora con la pronuncia della Commissione Europea quei soldi lo Stato può chiederli immediatamente. Le rate da dover riscuotere sono due per un totale di 115 milioni.