Spesso, capita di fare la seguente considerazione:
la strada, il percorso essenziale che conduce da una partenza ad un punto di arrivo è chiara, lineare, semplice, basta tracciare la retta che congiunge i due punti e che, come sappiamo dalla geometria, è anche la meno distante a collegarli.
Molto più tortuoso può essere il cammino, il percorso di breve, che nella realtà ha portato dal punto di partenza a quello di arrivo.
La stessa cosa capita con la borsa.
Sappiamo che si alternano mercati toro ed orso di lungo termine, all’interno dei quali, ovviamente, avremo percorsi più o meno frastagliati, anche se sappiamo che quei mercati sono destinati a durare anni.
Potrebbe, quindi, sembrare assurdo che forse sia più facile comprendere i movimenti di lungo o lunghissimo termine di un mercato finanziario, rispetto a quelli di breve e medio termine, eppure è la verità, anche a fronte della ciclicità tipica dei mercati finanziari, che certo predomina nell’ambito degli scenari di lungo e lunghissimo termine, ma molto di meno nel breve e medio, ambiti temporali maggiormente soggetti ai criteri della volatilità, più che a quelli della ciclicità.
Proprio in considerazione di quanto appena osservato, propongo un’analisi di lungo, anzi di lunghissimo termine della borsa italiana, che però pare di indubbia attualità.
Come sanno tutti coloro che seguono i mercati finanziari, talora si verificano circostanze particolari, che consentono di realizzare particolari investimenti, tali da rappresentare addirittura occasioni generazionali, cioè occasioni che si presentato una o, al massimo, due volte nell’arco della vita media di un investitore.
In tali circostanze il rapporto rischio/rendimento è tutto dalla parte del secondo, con limitate o limitatissime probabilità inerenti al rischio, almeno per chi adotta un’ottica temporale di lungo.
Ma bando alle premesse, e vengo subito al dunque, domandandomi:
MINIMI DI BORSA 2.009, COME NEL ‘78 ?
Come si intuisce dalla questione, che sottopongo alla seguente analisi, ipotizzo, in sostanza, che per la borsa italiana la situazione concretizzatasi con i minimi dello scorso mese di marzo, rappresenti fondamentali analogie con quanto verificatosi nel lontano 1.978, e certo, non dal punto di vista dell’analisi fondamentale, o macroeconomica, che anzi presentava uno scenario nettamente differenziato rispetto ad oggi, ma proprio con riferimento all’analisi tecnica.
Osserviamo, quindi, cosa successe dopo quel fatidico minimo:
l’indice iniziò uno spettacolare trend rialzista di lunghissimo termine, che possiamo considerare concluso con i massimi prima del 2.000 e poi del 2.007.
Ovviamente, questo non significa affatto che la borsa continuò a salire ininterrottamente fino a quei massimi, come ben sappiamo, ma che iniziò un trend di lungo termine, nell’ambito del quale, a ben vedere, si sono alternati singoli mercati toro ed orso, inseriti però in un trend complessivo nel quale i mercati rialzisti hanno rappresentato le fasi di trend, mentre i mercati orso hanno costituito solo correzioni al ribasso.
Per meglio inquadrare le quotazioni azionarie in tale contesto, una valida rappresentazione può essere costituita dalla scala logaritmica, in quanto coglie le differenze percentuali tra i vari prezzi.
Osservando, quindi, l’indice Comit, così graficamente rappresentato, possiamo notare quanto segue:
i corsi hanno formato un canale rialzista, con la retta superiore, di resistenza, intercettante i massimi dell’86 e del 2.000, e con retta di supporto tracciata a partire del minimo del ’78.
Sin da quell’anno i corsi azionari non hanno mai ritoccato la retta supportiva, proprio sino ai minimi dello scorso marzo, quando poi è ripartito, con inatteso vigore, il rialzo che ha stupito non pochi analisti.
Come sappiamo, quando si verificano tali indicazioni, le implicazioni sono davvero considerevoli.
Osserviamo peraltro il trend originatosi nel ’78 da un diverso punto di vista, secondo le onde di Elliott.
Personalmente, sono stato anche critico verso questa particolare metodologia di analisi, ma devo dire che, se utilizzata per analisi di lungo o lunghissimo termine, essa acquista una valenza abbastanza affidabile, che spesso le difetta per analisi più a “corto raggio”.
Ebbene, possiamo individuare, proprio sotto un punto di vista ciclico, le seguenti fasi:
onda A rialzista dal ’78 all’81;
onda B di correzione ribassista sino all’82;
onda C al rialzo sino all’86;
onda D di correzione ribassita (composita in tre sottomovimenti A B C) sino al ’92;
onda E rialzista (composita in cinque sottomovimenti) sino al massimo del 2.000.
Possiamo quindi considerare, secondo una certa interpretazione, ma neanche più di tanto soggettiva, delle onde di Elliott, concluso nel 2.000 un megaciclo durato più di 20 anni.
Osserviamo, infatti, cosa è successo in seguito:
credo sia molto facile individuare un megaciclo al ribasso (che però rappresenta solo una correzione, nell’ambito della sempiterna tendenza dei trend di borsa al rialzo), articolatosi, ancora una volta, secondo i principi elliottiani:
un mega movimento in forma A B C, in cui possiamo infatti individuare tre movimenti principali:
A al ribasso dal 2.000 sino al ‘2.003
B al rialzo, che guarda caso giunge nella stessa area dei massimi precedenti, quelli del 2.000
C nuovamente al ribasso, sino al minimo dello scorso marzo.
Potremmo quindi considerare chiusa la fase ciclica di ribasso di lungo, inauguratasi nel 2.000, e la situazione potenzialmente in grado di intraprendere una ripresa del trend di lunghissimo al rialzo, con una situazione, sotto questo profilo, del tutto analoga ai minimi del ’78.
Altra analogia considerevole riscontrabile sul grafico:
tale configurazione, appena sopra analizzata, in forma A B C, pare anche analoga al ribasso dall’86 al ’92.
Anche questa analogia conforta la tesi pocanzi esaminata.
Se, invece, consideriamo l’indice americano, in particolare il DOW JONES, è invece evidente una diversa rappresentazione grafica, che evidenzia come il massimo del 2.007 sia superiore ad ogni massimo precedente, e non pareggi, in forma di doppio massimo, altri picchi raggiunti precedentemente.
Talora, è peraltro evidente che le analisi possono essere facilitate dal confronto con indici diversi, e direi che soprattutto l’analisi su indici come quello italiano possono dare luce anche a quella degli altri.
Sul piano fondamentale è peraltro evidente una sorta di interrogativo, che l’analisi tecnica pone:
perché mai l’indice, come si estrapola dalla configurazione di testa e spalle negativamente inclinato, dovrebbe praticamente azzerarsi?
Con ogni evidenza, solo una catastrofe potrebbe portare a questo, ma anche le attuali tensioni, relative ad esempio alla sostenibilità delle finanze pubbliche dell’eurozona, a ben vedere lasciano il tempo che trovano.
Anche i titoli di stato, come quelli spagnoli non hanno subito gli scossoni che altre epoche invece ricordano, come l’Italia nel ’92, segno che non si crede realmente ad un default di paesi come Italia o Spagna.
E’ invece più logico ritenere che si sia voluta individuare un’occasione, su diversi fronti, per alleggerire i portafogli da rialzi, partiti la primavera dello scorso anno, caratterizzati da ripide curve, lungo l’asse spazio temporale e che, come sappiamo, non sono destinati a poter essere sostenuti per lunghissimo tempo.
E’ quindi evidente che lo scenario più probabile è, nel medio, una tendenza neutro- negativa, da cui poi i corsi azionari ripartano, a riconferma di un trend, che non dovrebbe comunque terminare prima del 2.011.