Il titolo di quest’articolo è tutt’altro che bizzarro e riguarda giocoforza tutti noi. Chi ha un mutuo, chi pensa farà un prestito per cambiarsi l’auto o il soggiorno di casa, chi ha una scorta di Buoni del Tesoro e chi detiene sul conto cash ‘in abbondanza’. Che fare coi nostri soldi ai tempi dello spread a 250 punti )? Lo spread – non ce ne vogliano gli economisti – è un pò una sorta di “petrolio della finanza”, ma non nel senso che fa funzionare tutte le cose (come nel caso appunto della benzina o della corrente elettrica) ma in quello per cui ce lo ritroviamo in tutte le cose. No way.
Anche il danaro ha un costo
La merce-denaro ha un costo, e si chiama tasso d’interesse. Quest’ultimo lo determina la BCE, ma sul mercato ne viene influenzato anche dallo spread, ossia dallo stato di salute dell’economia vera (oltre che da tanti altri fattori che qui tralasciamo). Ora, se la Presidente BCE osa affermare (vedi ieri) che la lotta allo spread non costituisce una sua preoccupazione (legittima per statuto BCE; assai opinabile per la tenuta dell’intera Eurozona) …lo diventa per tutti noi. Prendiamo il signor Mario Rossi che ha comprato un BTP decennale nel 2015 a un tasso ipotetico dell’1,5% per portarlo a scadenza.
Con lo spread a 250, la speranza che egli si pone è che nei 5 anni di durata residui egli non sia costretto a venderlo (se infatti lo porta a naturale scadenza, riceve 100 e tutto è ok). Perché verosimilmente lo andrebbe a vendere sottocosto. Ad esempio comprato a 100 e rivenduto a 98. Non proprio un affare, specie se tiene in considerazione il fatto che l’investimento obbligazionario di solito costituisce il “parcheggio sicuro”. I nostri soldi ai tempi dello spread a 250 punti meritano dunque essere monitorati.
Vigilare sempre
Il termine ‘crisi’ ha anche un’eccezione positiva, e la si ravvede nel fatto che spinge ognuno di noi a riconsiderare lo status quo. E magari rivalutare le alternative. Si può andare in banca e chiedere un conto deposito vincolato (medio-lungo termine) o un pronto contro termine garantito (a breve termine) che:
- in qualche si accompagnino (positivamente) allo spread in salita,
- ci ripaghino per il tempo in cui ci priviamo del nostro capitale (e quindi rifiutare a priori il tasso a zero).
Per chi possiede grossi capitali altre alternative si aprono dal fronte del mercato immobiliare: chi ha vissuto la crisi del post-Lehman ricorderà perfettamente i crolli dei prezzi delle abitazioni (nell’ordine del 20/30%) negli anni 2011-2014. Oggi questo scenario è solo paventato, non realtà quindi; ma può tranquillamente succedere che il protrarsi della crisi renda i prezzi delle vecchie abitazioni più a buon mercato. Farci un pensierino in ottica rendita non dovrebbe essere allora scartato. I nostri soldi ai tempi dello spread a 250 punti ‘ci parlano’ e ci chiedono cura, gestione, interesse. Nel senso doppio del termine.