I Btp italiani sopravvivranno alla prossima tempesta?

BTP

 Segnatevi queste date: 24 aprile, 8 maggio, 10 luglio. No, non ci saranno delle estrazioni del lotto straordinarie. Sono i giorni in cui le 4 agenzie di rating che la BCE usa come riferimento (S&P, Moody’s, Fitch e DBRS) emetteranno i loro giudizi sul rating dei Btp nostrani, appunto. Giorni in cui si deciderà e scriverà il futuro dell’Italia. Eh sì perché, diciamolo subito, se questi enti ci dovessero declassare a “junk” (spazzatura), per noi sarebbe un disastro.

Perché? Perché i bond governativi italiani non sarebbero più a livello Investment Grade, cioè degni di stare nei portafogli che contano. Ciò significherebbe l’interruzione degli acquisti di titoli di stato italiani da parte di investitori istituzionali (fondi comuni, fondi pensioni, gestori patrimoniali, tesorerie) e della stessa Bce. E poi? Un massiccio offload (scaricamento) di quanto hanno in portafoglio gli stessi investitori istituzionali. Con i rendimenti dei BTP che salirebbero alle stelle ed il conseguente crollo del loro valore. Naturalmente lo spread sarebbe la vittima collegata a questo. Perché lo scarico dai Btp imporrebbe di andare su qualcosa di più sicuro. E cosa c’è di più sicuro della Germania e del suo Bund? Niente. Sicché ecco la tempesta perfetta: downgrade del debito, vendita indiscriminata della “spazzatura Italia”, rilocazione verso bond di qualità, allargamento dello spread.

Cosa accadrebbe al Paese, in quel caso? Presto detto: il default. Non giriamoci intorno. Se nessuno volesse più il debito italiano, sarebbe il fallimento, niente altro. Perché? Perché lo stato italiano emette Btp ed altri strumenti similari per finanziare le spese correnti e per pagare gli interessi sul debito “monstre” che ha accumulato nei decenni. Debito che in rapporto al PIL è molto vicino ad essere insostenibile. E se nessuno vuole il debito, niente soldi per fare alcunché. Semplice.

I BTP italiani sopravvivranno alla prossima tempesta?

Per fortuna basta che uno solo di questi 4 enti ci confermi di essere Investment Grade perché quanto appena paventato non accada. Ciò significa che anche nella peggiore (e meno probabile) delle ipotesi, fino al 10 luglio non ci sarà alcuna fuga dai Btp italiani. Questo nonostante alcuni inviti ad operare in tal senso giunti da alcune banche, come Commerzbank.

Ma a chi sono in mano i Btp? Alla fine dell’anno scorso il 35% dei titoli di stato italiani erano in mano ad investitori esteri. Ciò significa 700 miliardi di euro. La BCE possiede un altro 22,8%, pari a 465 miliardi di euro. Da qui a fine anno, la stessa BCE potrebbe comprarne altri 135 miliardi in base al piano di acquisti delineato alcuni giorni fa. Se l’Italia sarà ancora da comprare, ovviamente. La Banca d’Italia possedeva a fine 2019 circa 405 miliardi di titoli (19,8%), le banche italiane poco più di 385 miliardi (18,9%) e gli investitori privati italiani circa 62 miliardi (3,1%).

Ma cosa accadrebbe se ci fosse l’offload, lo scaricamento a cui accennavamo prima? La BCE potrebbe parare il colpo, da sola. No, ed è bene chiarirlo, a scanso di equivoci. D’altronde, basta fare il conto della serva delle cifre che abbiamo fornito, per vederlo.

I BTP italiani sopravvivranno alla prossima tempesta?

In primis auguriamoci che la suddetta tempesta non ci sia. In secundis, ci sono ragionevoli e logiche speranze che il 10 di luglio l’Italia faccia ancora parte del club delle nazioni che abbiano un debito in crisi, sì, ma sostenibile. L’alternativa, come spiegato, è decisamente troppo disastrosa per far sì che accada. Ed è bene che resti solo materia di un articolo finanziario, senza divenire realtà.