Green Pass e documenti di identità: facciamo chiarezza

Green Pass

Purtroppo siamo costretti a tornare sul tema Green Pass.

Soprattutto a causa della notevole confusione, che tuttora resta su questo scottante tema di attualità, ma anche a causa di una girandola di circolari che prima dicono una cosa, poi un’altra. Cerchiamo, allora di fare un po’ di chiarezza su Green Pass e documenti di identità.

Le circolari e le interpretazioni tra loro contraddittorie

Prima è intervenuta Luciana Lamorgese, ministro degli interni, a chiarire che i documenti di identità non possono essere richiesti dagli esercenti.

Poi una interpretazione del Garante della privacy, invece, è stata di segno completamente opposto.

Infine una nuova circolare, a dichiarare la possibilità per gli esercenti di domandare i documenti di identità, ma solo quando è sospetta la presunta titolarità del Green Pass.

Ma allora, quali sono i poteri ed i limiti che incontrano questi poteri degli esercenti?

La mia risposta parte da un presupposto fondamentale. Una circolare altro non è che una mera interpretazione, costituita da istruzioni operative rivolte agli appartenenti ad un determinato ufficio della pubblica amministrazione per loro uso interno.

Non è una fonte del diritto e, pertanto, non vincola cittadini o esercenti.

E tanto meno un giudice, di fronte al quale venisse portata una questione, oggetto di circolare, che egli potrebbe completamente disattendere nella sua applicazione della legge.

Pertanto nella nostra interpretazione degli aspetti legali di tale problematica, non terremo alcun conto di cosa dicono una o più circolari, ma solo di quello che dice la legge.

Facciamo chiarezza su Green Pass e documenti di identità. La normativa sull’identità personale e sui documenti

Va subito chiarito un aspetto. L’esercente ha l’obbligo di verificare il Green Pass, non i documenti di identità che, a nostro avviso, non può proprio chiedere.

Anche le forze dell’ordine in linea di massima non possono richiedere un documento di identità.

Quello che prescrive il codice penale è che il soggetto, cui le forze dell’ordine domandino di identificarsi, comunichi le proprie generalità, o altri dati utili all’identificazione. Ma, tranne un caso particolare che vedremo nel prosieguo, neppure poliziotti o carabinieri hanno il potere di domandare un documento.

Questo comportamento è stato talora frainteso, e il non esibire un documento è stato talora considerato rientrare nelle ipotesi del codice penale.

Una consolidata giurisprudenza ha chiarito che il reato omissivo non consiste nel non esibire il documento di identità. Non fosse che perché, in generale, neppure si ha l’obbligo di averlo o di rinnovarlo e, ammesso di essere in possesso di tale documento, neppure si ha l’obbligo di portarlo sempre con sè.

Il reato sussiste solo se non si declinano le proprie generalità o forniscono altri dati utili all’identificazione.

Quali conseguenze?

Unica conseguenza nel non esibire un documento è che le forze dell’ordine potrebbero portare in caserma colui sulla cui identificazione nascano dubbi, ai fini della stessa. Ma, diciamolo subito a scanso di equivoci, senza alcuna conseguenza sul piano penale.

E, come precisato dalla Corte costituzionale, la persona condotta in caserma non può essere sottoposta ad atti, come le ispezioni.

Invece, come abbiamo visto, dal punto di vista penale non scatta alcuna incriminazione.

Una eccezione ai principi generali

Unica eccezione fanno le persone sospette o pericolose, tali ritenute in base a valutazioni discrezionali.

In questo caso le forze dell’ordine possono, secondo quanto previsto dal Tulps, ordinare effettivamente a costoro di esibire i documenti, o di dotarsene, qualora ne fossero sprovvisti.

Solo in questo caso, vi sarebbe un obbligo di esibire i documenti, e il non farlo integrerebbe un illecito penale.

Ovviamente, in un eventuale procedimento per tale fattispecie omissiva, chi abbia impartito l’ordine di esibizione dei documenti, dovrà anche dimostrare in concreto i motivi, per cui la persona è stata considerata pericolosa o sospetta.

Qualora non lo facesse, la sua discrezionalità si trasformerebbe in mero arbitrio e lo stesso pubblico ufficiale, che abbia impartito l’ordine, potrebbe essere incriminato per abuso in atti d’ufficio.

Cosa si ricava dalla normativa di legge?

Dalla normativa sopra esaminata si ricava, ai nostri fini, un elemento essenziale.

Nella generalità dei casi, neppure le forze dell’ordine possono ordinare l’esibizione di un documento di identità. A maggior ragione considerando che nella generalità dei casi non è neppure obbligatorio averlo o rinnovarlo.

È quindi evidente che in diverse istruzioni impartite con circolari o altri analoghi atti, si sono commessi diversi errori giuridici.

Pertanto, l’esercente non ha questo potere.

Se nascono dei dubbi sulla titolarità del Green Pass, potrebbe al più chiamare le forze dell’ordine e semmai saranno queste a domandare l’identificazione del cliente. Sempre, comunque, con i limiti sopra indicati.

Cosa consigliare ai clienti

In ogni caso, nonostante le forze dell’ordine incontrino anche esse precisi limiti quanto all’esibizione di certi documenti, si consiglia sempre di tenere un comportamento collaborativo.

Ma potrebbe anche succedere che il documento di identità lo si sia dimenticato a casa.

Questa cosa potrebbe essere fatta presente, in primis, all’esercente. Magari unitamente al richiamo dei limiti inerenti alle sue facoltà.

Ma se poi l’esercente volesse comunque chiamare polizia o carabinieri, il cliente non per questo deve aspettare il loro arrivo.

Se non intende farlo, potrebbe andar via, visto che peraltro non dovrebbe ancora aver ordinato alcuna consumazione. Soprattutto perché i controlli dovrebbero essere fatti prima che il cliente ordini.

In questo caso, le forze dell’ordine arriverebbero probabilmente quando non ce ne sarebbe neppure bisogno, visto che il cliente ha già deciso di allontanarsi spontaneamente.

I fatti già ci danno ragione

Intanto, nella gran confusione che si sta ingenerando sul Green Pass, comunque alcuni fatti già ci stanno dando ragione su un altro aspetto.

Se è vero che serve soprattutto come strumento di sicurezza sanitario, basato sulla non presenza di chi non vaccinato, né guarito, né sottoposto a test, categorie di persone considerate a rischio di contagiare e di essere contagiate, a che serve se poi i controlli non vengono fatti?

Qualcuno potrebbe credersi al sicuro, ma appunto, già risulta evidente che in diversi locali questi controlli non avvengano, ragion per cui sono già scattate le prime sanzioni.

È quindi giusto che il cittadino sappia che potrebbe godere di una diminuzione solo statistica del rischio di contagiarsi. Ma che anche tale diminuzione in molti casi è fittizia. Non si garantisce lo stesso margine di sicurezza di un lockdown, sia a fronte di inadempienze nei controlli, che a fronte della non totale immunizzazione prestata dai vaccini.

Conclusioni

In questo articolo, a proposito di Green Pass e documenti di identità, abbiamo cercato di fare chiarezza e fornire alcuni ragguagli/consigli ad esercenti e clienti, sulla richiesta dei documenti di identità. Direttamente tale richiesta, a nostro avviso, non può essere fatta dall’esercente.

Al contempo, abbiamo anche spiegato i motivi, per cui il Green Pass non può garantire quella sicurezza, che molti invece ritengono possa offrire.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT