Gli effetti della fusione per incorporazione, alla luce della ricomposizione dello storico contrasto giurisprudenziale, operato dalle Sezioni Unite Civili della Suprema Corte, con sentenza dello scorso 30.07.2021 n. 21970. Studiamo il caso.
La vita delle societas di diritto conosce dinamiche di tipo modificativo, evolutivo, estintivo, alla tutela delle quali il Legislatore dedica una disciplina ad hoc, mediante un coacervo di istituti giuridici.
Gli effetti giuridici annessi a ciascun istituto sono diversi, in funzione dello scopo sotteso ad ognuno, potremmo dire, in sintesi, a seconda della funzione svolta dall’istituto stesso.
Tuttavia, l’esatta individuazione degli effetti giuridici prodotti dalle operazioni societarie straordinarie presuppone un’interpretazione di diritto sistematica, d’insieme.
Segnatamente, con precipuo riguardo alla “Fusione per incorporazione”, un attento interprete, non può limitarsi ad un’interpretazione letterale delle disposizioni codicistiche di riferimento, bensì deve dare una chiave di lettura delle stesse, in combinato disposto con altre diposizioni del codice civile e, soprattutto, con le Leggi speciali (lex specialis derogat lege generali) e con l’ordinamento sovranazionale (direttive UE).
Una simile chiave di lettura è stata resa dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, con sentenza n. 21970 del 30.07.2021, in materia di effetti sostanziali e processuali della fusione per incorporazione, non senza un interessante excursus storico della questione giuridica sottesa all’esame e di quelle connesse.
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Gli effetti della fusione per incorporazione, alla luce della ricomposizione dello storico contrasto giurisprudenziale
All’origine del ricorso per Cassazione, vi è l’impugnazione della pronuncia della Corte d’Appello competente, di conferma di quella del Tribunale, che accoglieva la domanda spiegata in primo grado dagli attori, avente ad oggetto l’annullamento di due contratti di vendita immobiliare.
La domanda spiegata in sede giudiziale aveva il suo titolo, in via principale, nella dedotta simulazione contrattuale e/o, in via subordinata, in una delle fattispecie tipizzate dalla disposizione di cui all’art. 2901 c.c., disciplinante l’azione revocatoria.
La questione controversa sottesa a quella di merito, sottoposta ai Giudici di Nomofilachia, attiene alla natura giuridica della fusione per incorporazione societaria ed agli effetti che ne discendono sul piano sostanziale e della legittimazione processuale.
L’esame del ricorso per Cassazione è affidato a tre motivi, il primo dei quali, ritenuto assorbente ai fini della decisione di diritto: Segnatamente, secondo la prospettazione svolta dai ricorrenti, l’atto introduttivo del giudizio di primo grado e tutto il procedimento giurisdizionale sarebbero inesistenti o viziati da nullità assoluta, in quanto la “Vocatio in ius” (Chiamata in giudizio) sarebbe stata svolta da soggetto di diritto inesistente (la società estinta per incorporazione) e, conseguentemente, privo della relativa legittimazione processuale.
Alla luce del motivo principale di ricorso, la Suprema Corte è stata chiamata a ricomporre lo storico contrasto ermeneutico insorto, in tema di effetti della fusione per incorporazione. Ricomposta la diatriba giurisprudenziale, relativa al diritto sostanziale, a valutare i connessi aspetti processuali della vicenda, con particolare riguardo alla legittimazione “A stare in giudizio”.
In ordine ai profili sostanziali, i Giudici “Del diritto” hanno disatteso l’orientamento giurisprudenziale, fondato sulla tesi della natura evolutivo modificativa della fusione per incorporazione e, quindi, sull’esclusione dell’effetto successorio ed estintivo.
Orientamento, quest’ultimo, dal quale discendeva, quale naturale postulato, la piena legittimazione processuale, sia dal lato attivo che passivo, della società incorporata (Ordinanza Cass. Sez. Unite 8.02.2006 n. 2637).
La sentenza de quo, per contro, sposa l’orientamento contrario:
quello degli effetti estintivi del fenomeno, ovvero dell’estinzione dell’ente incorporato a seguito della cancellazione della società dal Registro delle imprese. Naturale postulato di diritto afferisce ai risvolti processuali della questione, ovvero alla carenza di legittimazione processuale dell’ente estinto.
La Suprema Corte perviene a tale conclusione, dando una lettura delle disposizioni codicistiche sulla fusione societaria (2504 bis c.c.), in combinato disposto con quella di cui all’art. 2495 c.c., disciplinante l’estinzione dell’Ente a seguito della cancellazione dal registro delle imprese.
Segnatamente, i Giudici del diritto hanno ritenuto che l’effetto estintivo derivante dall’iscrizione della cancellazione dell’Ente dal registro delle imprese consegue, naturalmente, non solo allo scioglimento o alla liquidazione tout court della società, ma anche alla cancellazione della stessa, che si realizzi per altre vie.
Tale interpretazione risulta avvalorata dall’analisi sistematica di altre disposizioni del nostro ordinamento (art. 2504, comma secondo e terzo c.c.; 1902 c.c.; il testo del D.lsg 8.06.2007 n. 231; Le leggi bancarie e creditizie, quelle tributarie), nonché quelle di rango europeo, che propendono per un’interpretazione sistematica del diritto uniforme.
In ultima analisi, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, affermano la massima secondo cui: La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, la quale non può iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, non avendo la relativa legittimazione processuale.
Tuttavia, la società incorporante può spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., nel rispetto delle regole che lo disciplinano.
Trattandosi di intervento processuale autonomo, esso, secondo i Cassazionisti, non interferisce con il difetto di legittimazione processuale della società incorporata estinta, escludendosi, in buona sostanza, la nullità dell’intero procedimento giurisdizionale per nullità dell’originaria “Vocatio in ius”.
Per tale via, la sentenza rigetta il ricorso per cassazione, affidato al motivo, ritenuto inammissibile, della declaratoria di nullità insanabile del processo.
La pronuncia, in ultima analisi, appare degna di lode, nella misura in cui, pur rigettando il ricorso, consta di una parte motivata che riporta ad unità diversi istituti del nostro Ordinamento, sia di matrice civilistica, sia di rango strettamente processuale, non senza uno sguardo di diritto d’insieme, in linea con i principi affermati, a più riprese, dalla Corte di Giustizia UE.
Il tutto, non senza acuti sillogismi aristotelici.