Un principio che regola i rapporti tra genitori e figli è quello che garantisce al figlio di essere mantenuto fino a che non si renda economicamente indipendente.
Principio precisato nel senso che il figlio può seguire le proprie inclinazioni ed aspirazioni, e quindi, in teoria, attendere ad essere indipendente sino a che non trovi un’occupazione che soddisfi le sue ambizioni.
Abbiamo detto in teoria, in quanto poi certa giurisprudenza ha precisato che la ricerca del figlio di un’occupazione, rivolta a soddisfare tali ambizioni, non può durare in eterno, ma solo entro una ragionevole durata.
In altri termini, se il figlio non riesce a soddisfare le sue ambizioni lavorative, basate sui suoi studi e sulle sue capacità ed esperienze, si deve poi accontentare di un’occupazione meno soddisfacente.
Noi prendiamo le mosse, in questo articolo, da tale principio, per domandarci come stiano realmente le cose nell’ambito della selezione dei candidati, e se realmente un candidato, anche volendo, potrebbe accontentarsi di un lavoro al di sotto delle aspettative, basate sulle sue capacità e sulla sua formazione.
Giurisprudenza sul mantenimento del figlio e candidato sovraqualificato
La domanda che ci siamo posti potrebbe sembrare strana, per il seguente motivo.
Immagiamo la seguente situazione.
Ci sono vari candidati ad un posto di lavoro, che non richiede particolari titoli di studio, in particolare titoli universitari.
Tra i candidati che si presentano per questo lavoro, molti in effetti hanno solo i requisiti richiesti.
Qualcuno, però, potrebbe avere anche ulteriori requisiti, come appunto quel titolo universitario che non è richiesto.
Tale tipo di candidato viene quindi denominato sovraqualificato, proprio perché possiede requisiti ulteriori, rispetto a quelli richiesti.
Un tale candidato potrebbe pensare che se viene scelto chi abbia i requisiti, a maggior ragione potrebbe essere avvantaggiato chi possiede ulteriori requisiti.
Invece no, gli viene comunicato che non è stato scelto.
Se poi continua, tale tipo di candidato, a presentarsi ad una serie di selezioni per un posto di lavoro, sempre come sovraqualificato, probabilmente riceverà, parimenti, una serie di no.
Perché il candidato sovraqualificato generalmente non ha maggiori chances di essere scelto e, anzi, rischia di ricevere tutta una serie di no?
In effetti, per tornare alla giurisprudenza sul mantenimento del figlio e candidato sovraqualificato, di cui parlavamo all’inizio, il figlio che si presenta ad una selezione di lavoro come candidato sovraqualificato, ha proprio seguito il principio stabilito da alcuni giudici.
Accontentarsi di un lavoro al di sotto di quello, cui potrebbe aspirare con i suoi titoli e le sue capacità.
Tale decisione non è peraltro strana, in un periodo caratterizzato da scarsità di lavoro e contrassegnato da grave crisi economica.
Lo stesso individuo potrebbe già aver partecipato a selezioni, per un posto di lavoro maggiormente in linea con i suoi studi e le sue esperienze.
Ma capita, soprattutto in fasi come questa, che i candidati siano molti. E spesso giocano un ruolo rilevante anche conoscenze personali e raccomandazioni, anche se così non dovrebbe essere.
Ma allora, se un posto in linea con il proprio curriculum non è comunque così agevole da ottenere, perché si trova una difficoltà anche per posti, per i quali si sia sovraqualificati?
Un piccolo segreto dei selezionatori
La risposta alla nostra domanda è semplice e consiste nel modo di pensare che, non dico tutti, ma spesso una buona parte dei selezionatori tende a seguire.
Si pensa, in molti casi, che il vero motivo per cui un candidato sovraqualificato si presenta per un posto di lavoro di questo tipo, non riconduca certo ad una sincera aspirazione per quello specifico lavoro.
Perché mai chi potrebbe aspirare ad un lavoro migliore, dovrebbe accontentarsi?
Il timore è, quindi, che scegliendo il candidato sovraqualificato, si scelga qualcuno che si è candidato per una mera finalità di ripiego. Senza reale interesse né per il lavoro che andrebbe a svolgere, in quanto tale, né per il relativo livello retributivo.
Ovviamente il timore è anche quello che un tale candidato, appena potrà, lascerà tale lavoro.
Infatti, se sovra qualificato, probabilmente riceverà anche proposte di lavoro migliore.
Intanto, però, il datore di lavoro ha speso tempo e soldi per formarlo, e rischia, quindi, di aver coperto le proprie esigenze di organico in modo solo temporaneo. Peraltro da parte di chi probabilmente non è neppure molto motivato.
Ecco quindi spiegato perché non è così semplice, come invece ritenuto probabilmente da certa giurisprudenza, anche il semplice accontentarsi.
Certe sentenze, infatti, sembrano sottendere il concetto che un candidato possa sempre compiere una libera scelta. Mentre a farla da padrone, come si suol dire, è invece il selezionatore.
Il figlio che, quindi, non si candida a lavori sottoqualificati, potrebbe aver deciso di farlo, magari perché qualcuno gli ha spiegato come stanno le cose.
In molti casi, quindi, non è una sua scelta decidere di non accontentarsi, ma una scelta del selezionatore, quella di escludere candidati sovraqualificati.
Ed ecco anche perché certe sentenze tengono conto più della teoria, che della realtà.
Un consiglio finale a chi si trovi in una controversia legale
A proposito della giurisprudenza sul mantenimento del figlio e candidato sovraqualificato, facciamo alcune considerazioni. Chi si trovi, come figlio, in una controversia analoga a quella, oggetto della giurisprudenza considerata, potrebbe indicare al proprio avvocato di far presente negli atti processuali l’eventuale esperienza di aver provato a candidarsi per ruoli inferiori, a quelli in linea con il proprio curriculum, ma che non è stato scelto.
E magari che qualcuno gli ha anche spiegato questo piccolo segreto dei selezionatori. Con la conseguenza, intanto, che l’accontentarsi, indicato da taluni giudici come oggetto di libera scelta, è invece spesso tutt’altro che tale.
E con l’ulteriore conseguenza che probabilmente, più che accontentarsi, dovrà invece attendere proprio un lavoro in linea con il proprio curriculum.
Abbiamo peraltro parlato di candidarsi ad un lavoro come dipendente.
Ma le cose non cambiano molto per chi aspiri a diventare un libero professionista.
Tranne il caso di esser figli di qualcuno, da cui si erediti uno studio ben avviato, le cose sono comunque difficili.
E spesso capita che neppure si riesca a raggiungere, negli altri casi, la concreta possibilità di avviare uno studio professionale, che finanziariamente appaghi determinate aspettative.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT“