Dopo tanto parlarne e scriverne oggi e domani sono finalmente i giorni della FED.
Per chi segue i mercati da molti anni, questi appuntamenti in passato hanno coinciso spesso con forti incrementi delle volatilità, da un cenno di Greenspan potevano dipendere movimenti di centinaia di punti su tutti i listini mondiali. D’altronde il libro più venduto a firma dell’ex Presidente della FED si intitola:
“L’era della turbolenza”.
Ora invece nell’era del QE da Bernanke a Powell , passando per la Yellen, i mercati hanno sempre più atteso questi appuntamenti con calma , direi quasi servile per non banalizzare il tutto con l’appellativo di scontato.
Certo vedere lo S&P500 a quattro ore appropinquarsi al meeting Fed in una palese quanto pacata fase, che all’80% sarà di ri-accumulazione più che di distribuzione, fa molto effetto per chi appunto ha vissuto periodi ben diversi.
Meeting nei quali era ben difficile dare qualcosa per scontato. Anzi spesso arrivavano sorprese che sconvolgevano l’andamento dei prezzi tanto da fare pensare ai più malizioso a manovre premeditate, architettate a favore dei soliti noti.
Meglio ora o allora? Difficile dirlo. Certo, se questo ciclo economico americano dovesse consolidarsi e protrarsi diventerà difficile non paragonarlo al periodo d’oro trascorso sotto Clinton o addirittura alla “Reaganomics” anni ’80.
Difficile, quasi impossibile che la FED stia ferma ma altrettanto improbabile che vada oltre allo 0,25% da tempo scontato da analisti e mercati. Ecco dunque che le borse vivono con serenità questa vigilia e anche i mercati solitamente più esposti nelle fasi di incertezza, come il nostro, addirittura si permettono di fare da battistrada in termini di performances giornaliera in Europa.
Trump dal canto suo non gongolerà per una manovra che in qualche modo potrebbe comunque frenare gli entusiasmi e soprattutto se prolungata fare scattare orientamenti verso il mercato obbligazionario governativo dei Tbond USA. Non che il debito americano non abbia bisogno di sostegno.
Ma sappiamo quanto la FED sia stata e sia generosa nella stampa di dollari a perdere per evitare che troppo debito pubblico si accumuli, pertanto è ovvio che il presidente USA sia concentrato principalmente sul buon andamento delle borse domestiche: sua prima fonte di ritorno di immagine e primo biglietto da vista che resterà apposto nei libri di storia in assenza di quel approccio militare che sin qui, per fortuna, pare non rientri nelle sue priorità.
D’altronde per uno che sta sfidando il mondo e la Cina in particolare imponendo miliardi di dazi doganali per sostenere le imprese americane la via per farsi apprezzare dagli imprenditori USA ed aumentare il numero degli amici pronti a sostenerlo nella propria nazione non può che aumentare.
Questa dirittura senza apparenti ostacoli è la vera forza ed il motore dei mercati USA e del ciclo macro che stanno da tempo accarezzando gli americani.