FED opta per il mare calmo con tassi di interesse fermi in USA?
Era nelle attese che la FED non toccasse i tassi di interesse.
Fossimo stati nell’era Greenspan è difficile immaginare che il “grande vecchio” non avrebbe approfittato di una congiuntura tanto favorevole per alzare ancora e rapidamente i tassi di interesse.
Altri tempi in cui il capo della FED godeva del sostegno della Casa Bianca e soprattutto non avendo conosciuto crisi sistemiche finanziarie non aveva il terrore di toccare il comunque precario equilibrio su cui evidentemente le borse USA hanno costruito l’impalcatura dei rialzi degli ultimi anni.
Oltre ai tentennamenti legati a non toccare l’umore dei mercati (preoccupazione di cui comunque con buona probabilità non troveremo traccia nelle minute del meeting della FED) Powell e il suo board hanno dovuto tenere in debita considerazione la forte opposizione di Trump alla manovra restrittiva comunque già avviata e a quanto pare soltanto rimandata nei prossimi step.
Questa aspettativa di nuovo rialzo dei tassi di interesse a dicembre è ciò che è emerso chiaramente dalla dichiarazione rilasciata al termine della due giorni di riunione.
Trend confortato dalla ottimistica visione sullo stato di salute dell’economia americana.
Infatti i dati diffusi lo scorso settembre confermano “che il mercato del lavoro ha continuato a rafforzarsi e che l’attività economica è cresciuta a un ritmo forte”, ha detto la FED in conference.
L’unica modifica significativa rispetto a settembre è stata quando si è ha fatto cenno ad un recente calo degli investimenti delle imprese dopo l’incalzante ritmo tenuto all’inizio di quest’anno.
I funzionari avevano votato all’unanimità a settembre per aumentare il tasso di riferimento a un intervallo tra il 2% e il 2,25%. Ieri hanno votato per lasciare i tassi di interesse invariati, sempre senza dissensi.
L’economia USA è cresciuta a un tasso annuo del 3,5% nel terzo trimestre dopo un fantasmagorico dato del 4,2% nel secondo trimestre, secondo quanto riferito dal Dipartimento del Commercio. Siamo addirittura la doppio del tasso di crescita che i funzionari della FED credono possa essere sostenuto a lungo termine a meno che l’offerta di posti di lavoro o la loro produttività aumenti più rapidamente.
Tutte ipotesi da verificare e confermare nel tempo.
Nel frattempo, il tasso di disoccupazione si è attestato al 3,7% in ottobre, un livello medio che non si vedeva da quasi mezzo secolo mentre le retribuzioni orarie medie sono aumentate del 3,1% rispetto all’anno precedente, il maggiore aumento anno su anno dal 2009.
Insomma mare calmo per ora ma al prossimo meeting la FED agirà nuovamente sui tassi di interesse. Ora bisognerà verificare se i listini inizieranno già a scontare questa certezza di nuovi rialzi ovvero rimanderanno la probabile bufera a gennaio.
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