Esiste un ciclo storico delle potenze dominanti?

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Esiste un ciclo storico delle potenze dominanti?

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

La teoria dei cicli è stata spesso utilizzata per spiegare fenomeni molto diversi, dai cicli di borsa, alle fasi economiche, ai fenomeni naturali.

Alcuni autori però sostengono che vi sia anche un ciclo delle potenze dominanti.

Si tratterebbe, in sostanza, del fenomeno di cambio tra una potenza, prima dominante, ed un’altra.

La potenza egemone in una certa fase, sia economicamente che politicamente e militarmente, sarebbe destinata, prima o poi, a lasciar spazio ad una nuova potenza egemone.

Alcuni sostengono, in particolare (e qui si deve concentrare il nostro interesse), che gli USA sarebbero destinati presto a questo cambio di prospettiva.

In pratica, si ipotizza una fase di declino per gli USA a favore di una qualche potenza che dovrebbe prenderne il posto a livello internazionale.

Ovviamente, la questione non è di poco conto, anzi.

Ed innanzi tutto sotto il profilo economico.

Basti pensare a cosa potrebbe significare questo cambio di paradigma, con tutto l’interesse che una nuova potenza dominante peraltro desterebbe.

Ma le cose stanno effettivamente così?

Questa tesi, in particolare quella di un declino ipotizzato per gli USA, fa leva soprattutto su due elementi, la perdita di leadership internazionale ed il problema del debito pubblico.

Ma cerchiamo, per dare una nostra risposta al quesito, di inquadrare il tema in un contesto più ampio.

Esiste un ciclo storico delle potenze dominanti?

Che nei secoli, ed anzi, nei millenni, le cose possano essere cambiate, che ad una potenza egemone possa esserne subentrata un’altra, nessuno lo esclude, ma questo non significa, in generale, che necessariamente, una volta giunta all’apice, una potenza internazionale debba cederlo scettro ad altro soggetto.

Dobbiamo soprattutto considerare che la storia statunitense, come potenza egemone a livello mondiale, diventa evidente con la prima guerra mondiale e si afferma ulteriormente dopo la seconda.

E prima il mondo, come noto, non conosceva né le armi atomiche, né la diffusione di una vera e propria industrializzazione di massa.

E’ quindi naturale che primeggiassero altre potenze, dalla storia decisamente più ancorata allo sviluppo di una cultura e di una economia tradizionali, come l’impero inglese, o in asia quello cinese.

Se l’Inghilterra fu patria della rivoluzione industriale, la vera e propria affermazione a livello di diffusione di massa dell’economia industriale si deve a personaggi come Ford.

L’industria di massa e l’energia nucleare a scopi bellici hanno cambiato tutto.

E una volta raggiunto l’apice della leadership internazionale, ovviamente gli USA hanno, pur con periodi e fasi alterne, anche di recessione, mantenuto questa posizione nel tempo.

Questo non significa, ovviamente, che non ci siano state, e non ci saranno in futuro, fasi ancora alterne dell’economia, come quelle che portarono al crollo del 2000 e del 2007 degli indici azionari, ma altra cosa è prevedere una sostituzione degli USA con altra potenza egemone.

I sostenitori della teoria della perdita dell’egemonia puntano il dito verso una presunta perdita di leadership.

Esiste un ciclo storico delle potenze dominanti? Tesi opposta

Ma proprio questo argomento mi convince della tesi opposta.

Dopo la fine della guerra fredda, semmai è stata la Russia a vedere ridimensionati i confini dell’ex patto di Varsavia, con paesi che sono passati al campo opposto, la Nato.

E se Trump ha deciso di ridimensionare le spese statunitensi legate all’alleanza atlantica, è proprio anche per rafforzare il bilancio militare interno che, in tal modo, può prediligere altri obiettivi, facendo ad esempio destinare parte delle risorse prima destinate agli impegni internazionali, allo sviluppo di nuovi sistemi d’arma, che migliorano efficacia ed efficienza di quelli precedenti, contribuendo, anzi, a conservare la leadership mondiale.

Basti pensare al sistema Thor, i cui particolari tecnici si possono trovare su diversi siti.

Del resto, pensiamo anche a vicende non troppo lontane storicamente.

Come forse qualcuno ricorderà, ho sempre detto, a differenza di quanto sostenuto da diversi organi di stampa, che probabilmente dietro gli attacchi retorici della corea del nord c’era semplicemente una questione economica.

E questo dimostra che un paese, pur tra i più lontani geograficamente dal territorio USA, e semmai in area di influenza /alleanza con i cinesi, certo non si era messo in testa, nonostante certa arroganza del proprio leader dittatore, di competere militarmente con gli USA, se non a parole.

Del resto, pensiamo anche alla potenza, non dico militare complessiva degli USA, ma di uno solo dei suoi sottomarini atomici.

Lanciati i missili balistici di cui dispone, sarebbe in grado di far deflagrare centinaia di testate atomiche verso altrettanti obiettivi, e parlo di un singolo sottomarino, non di una flotta, e tanto meno dell’intera capacità atomica, comprensiva anche di missili su navi, aerei e dislocati in silos su basi a terra.

Del resto, anche la guerra fredda qualcosa ha insegnato.

Se i piani del Cremlino di invadere l’europa occidentale non si sono mai concretizzati, è proprio a seguito dello spiegamento di forze garantito in primis dagli USA.

Ma consideriamo anche certi fatti, come la liberazione da parte turca del pastore e cittadino americano Brunson, accusato di spionaggio.

Chi ha vinto?

Ancora una volta, gli USA.

Pertanto non pare proprio che gli USA stiano perdendo la loro leadership internazionale.

Qualcuno però evidenzia il passaggio dalla convertibilità aurea del dollaro al sistema di moneta fiat, da cui una sostanziale, ipotetica debolezza, anche a fronte della presunta insostenibilità del debito USA.

Occorre però osservare che la prassi di collegare l’emissione di moneta al debito non è una via scontata una volta per tutte.

Nulla esclude che si possa varare una riforma, per tornare a stampare denaro non legato all’emissione di debito pubblico.

Qualcuno potrebbe obiettare che allora, l’inflazione determinerebbe una pesante svalutazione.

Ebbene, non è necessariamente vero.

Anche durante il periodo di consistente creazione di base monetaria a seguito del quantitative easing, non abbiamo assistito a chissà quale inflazione, e questo contenimento delle dinamiche inflattive si potrebbe comunque verificare anche nel caso di sgancio dall’emissione di debito.

Infatti, dopo la fine della conversione aurea, il controvalore di una moneta in sostanza è garantito dal pil.

Nulla esclude, quindi, che si stamperà denaro anche solo per rimborsare il pregresso debito pur con alcuni limiti quantitativi legati al controllo delle dinamiche inflattive.

Proprio a proposito di USA e politica statunitense, siamo quindi giunti ad un importante appuntamento elettorale, quello del midterm.

Non sappiamo quale sarà l’esito di queste elezioni, ma di certo gli USA non sono destinati ad essere soppiantati a livello internazionale, e questo appuntamento elettorale nulla ha a che vedere con le sorti dell’egemonia a stelle e strisce.

Gli Usa potrebbero anche affrontare un futuro periodo di rallentamento o recessione, e forse lo stanno già affrontando, considerando alcuni dati come quelli del settore immobiliare, e come parrebbe suggerire la curva dei rendimenti, ma ben altra cosa è pensare alla fine del ruolo di potenza egemone, sia militarmente e politicamente, che economicamente.

Forse un ciclo della cosiddetta potenza egemone esisterà pure, ma su tempi decisamente più lunghi, forse secolari o millenari, e comunque, se mai è esistito, ovviamente è nato prima della rivoluzione industriale e delle armi atomiche, e potrebbe essere definitivamente tramontato proprio in considerazione di tali fattori.

Solo eventi catastrofici a livello geopolitico, come una guerra mondiale a livello atomico e planetario, potrebbero sovvertire l’attuale stato di cose.

Questo non significa che in certi periodi certe aree, come quella asiatica o europea, possano presentare cicli diversi, economicamente, ma questo non scalza a livello geopolitico il ruolo degli USA e del dollaro, come moneta di riferimento, pur a fronte di cicli alterni di rialzo e di ribasso delle borse e delle valute.