Il seppur lieve pessimismo che la FED ha lasciato trapelare ieri sera ha lasciato qualche dubbio riguardo all’idea che il peggio per l’economia globale sia già alle spalle.
Dubbi legittimi visto che l’America è attesa in discesa dal picco di crescita registrato nel 2018.
Anche considerato che tra le altre nazioni, tanto meno l’area UE nel suo insieme, nessuna è in grado di subentrare come traino per l’economia globale.
Rallentamento non vuole dire recessione
Il fatto che sia atteso un rallentamento dell’economia globale non vuole comunque affatto dire che si entrerà in recessione.
Per lo meno non in modo globale e generalizzato come paventato da qualcuno.
Qualche spicchio di dato recessivo potremo vederlo qua e là, ma in un quadro di generale tenuta dell’economia.
Rallentamenti sui singoli dati e sulle singole nazioni sì dunque, recessione estesa e generalizzata no.
America e Cina orientate alla crescita
In America la FED ha a disposizione la leva di tassi (oggi al 2,5%) per contrastare eventuali passaggi critici dell’economia.
E inquesto la Banca centrale USA trova un potente supporto, oltre che nel proprio raggio d’azione molto ampio, anche nella Casa Bianca.
Sappiamo bene quanto Trump sia propenso specificamente a favorire e sostenere politiche espansionistiche in via continuativa.
In Cina, per evitare di scendere da gradini di crescita da paese emergente, il governo ha emanato direttive in ambito fiscale, creditizio e di investimenti pubblici sul modello americano.
Pare alquanto improbabile dunque che la Cina, guerra dei dazi permettendo, possa dare un contributo negativo alla crescita globale. Anzi!
La zavorra dell’UE
Parliamoci chiaro: la vera zavorra dell’economia globale oggi come oggi è rappresentata dall’area euro.
La BCE ha i tassi già a zero e quindi non dispone dell’arma del taglio dei tassi per contrastare eventuali criticità economiche.
Oltre a ciò si limita, sin qua, a interventi di cassa a favore delle banche, senza alcuna certezza, se non negli auspici, che questi finiscano per favorire l’economia reale.
Sul fronte politico la burocratizzata commissione UE insediata a Bruxelles pare non vedere i livelli di disoccupazione estesa ed impoverimento che le proprie politiche di austerity hanno prodotto.
Come abbiamo sempre sostenuto troppo diverse le condizioni e necessità degli stati membri per trovare punti di intesa in grado di dare una ottimale convergenza di efficacia alle direttive europee.
Per assurdo, ora che anche la Germania soffre un rallentamento economico vistoso aumentano le probabilità che da Bruxelles possa arrivare qualche soluzione intelligente anziché soltanto stantia.
Staremo a vedere…il passaggio elettorale, ormai prossimo, potrà senz’altro favorire un aggiornamento dell’approccio ai temi economici dell’intera Unione Europea.