Siamo tutti contenti per l’ottimo andamento delle collezioni moda primavera/estate 2022 alla Fashion Week a Milano, ma ecco che arriva la cattiva notizia. L’industria della moda è una delle più inquinanti. Sono i vestiti a basso costo, creati con materiali scadenti, quelli che generano il maggior consumo di risorse idriche, sfruttano la manodopera nel Terzo Mondo e inquinano di più. Sono capi in materiali acrilici, non traspiranti, con parti incollate a caldo. Dunque non facilmente reversibili.
Fiorisce l’industria del vintage e del remake
Ecco è il trend che spopola nella moda mondiale e tutti possiamo seguirlo a costo zero. La caccia al made in Italy di qualità e al vintage (capi unici, di griffes mitiche, da riparare e indossare) è giustificata insomma anche dal punto di vista dell’ambiente. Il made in Italy è sempre più sostenibile nelle sue produzioni. Ma in tutto il Mondo sta fiorendo l’industria del remake: del riciclo intelligente di capi e materie prime, che trovano una seconda esistenza. Vediamo oggi chi sono i protagonisti di questo nuovo trend con la Redazione Attualità di ProiezionidiBorsa.
Misurare l’impatto ambientale della moda
L’impatto ambientale del settore moda è misurabile. Si calcolano il consumo di CO2 e il consumo di acqua utilizzati per effettuare la raccolta e la trasformazione delle materie prime: l’imballaggio, il trasporto, la vendita, i lavaggi e lo smaltimento di ogni capo che compriamo, laviamo stiriamo e gettiamo. Comprare un abito usato taglia il costo su imballaggio, trasporto, vendita, smaltimento. Se è possibile riciclare ancora, si genera anche un secondo profitto.
Il capo più inquinante del mercato sono i jeans
Secondo una ricerca condotta da Dress the Change, il jeans nasce da 50 trattamenti chimici e comportamenti pesantemente inquinanti: la raccolta del cotone e il trasporto dei componenti, oltre al consumo idrico di 5mila litri d’acqua e lo sfruttamento della manodopera. Cloro e permanganato finiscono ovviamente nei fiumi e nei mari. Soprattutto nel Tirreno. L’Università di Toronto ha calcolato che per ogni metro quadro di fondale sono presenti 1,9 milioni di microplastiche, guarda un po’ provenienti da lavorazioni tessili. Ovvero la concentrazione più alta al Mondo.
Ecco è il trend che spopola nella moda mondiale e tutti possiamo seguirlo a costo zero
Un paio di jeans consumano 33,4 kg di anidride carbonica, pari a un viaggio in auto da Milano a Roma e ritorno. Non eliminiamo con troppa fretta i vestiti vecchi. Non tutti sanno che queste 3 giacche vintage uomo donna che molti hanno nell’armadio risolvono l’autunno. Attenzione anche a come gettiamo nella spazzatura gli abiti che ci hanno stufato, specie se sono rovinati. Portandoli ai cassonetti gialli diventeranno maglioni di lana riciclata, calzettoni di cotone rigenerato o al limite tappetini per l’auto. Per conservare meglio i capi preferiti e risparmiare energia, laviamo a basse temperature, con programmi delicati e non usiamo l’asciugatrice.
Fiorisce l’industria dell’Upcycling
“L’arte di rivalorizzare” è una minirassegna milanese di stilisti specializzati in Upcycling, il riciclo creativo che unisce stile, artigianalità e sostenibilità, aperta per la Fashion Week. Presenta le collezioni di remake primavera/estate 2022 presso il Pollice Light Art Lab, grazie alla start up creata da Diletta Pollice. Mostra l’evoluzione delle tecniche più utilizzate nell’Upcycling: le modifiche sartoriali, le tinture botaniche su stock di tessuti invenduti, i ricami a mano, la pittura. Ogni creativo ha il suo modo di ricreare la moda.
Il riuso dal filo da pesca al pane invenduto
Tra i nomi più interessanti Ambra Castello, che realizza a mano felpe, spolverini, accessori e gioielli all’uncinetto. Riutilizzando il filo da pesca e le reti alienate dai pescherecci. Sono capi stupefacenti e praticamente indistruttibili. Creazioni Salesi è un brand che realizza gioielli riutilizzando vecchie pellicce, giubbotti e capi in montone rovinati. Loropetalum design è un brand che stampa fantasie a mano con succhi vegetali su scampoli di tessuti. Al cocktail di inaugurazione della rassegna è stata servita la birra upcycled Ibrida, realizzata con la fermentazione del pane invenduto dei forni milanesi. Si tratta di una start up del nuovo food sostenibile, nata dal progetto di studenti del Politecnico di Milano.