Dove vanno i mercati?

Portofino

A cura del Dott.Gianpiero Turletti Staff Tecnico di Proiezioni di Borsa Libreria di Borsa online

Abbiamo raggruppato le domande che ci inviano i nostri Clienti. Ecco le nostre risposte.

Si fa un gran parlare di politica monetaria, in questi giorni, soprattutto con riferimento ai prossimi appuntamenti, in particolare quello della BCE, che dovrebbe assumere importanti decisioni sugli interventi a sostengo dei debiti pubblici di Spagna ed Italia.

Ci può spiegare quali differenze ci sono tra la FED e la BCE, e quale riflesso possono avere le decisioni di politica monetaria sul debito pubblico?

Diciamo subito che c’è un errore madornale nel sistema di finanziare il debito pubblico americano: non a caso è di questi giorni la notizia che il debito pubblico americano stia per toccare nuove vette.
Il meccanismo che collega debito pubblico americano e politica monetaria, spiega molto chiaramente la tendenza all’incremento di quest’ultimo.
La FED stampa moneta e la cede al governo, il quale stampa, in cambio, titoli del debito pubblico e li cede alla FED.
In pratica, è come dire: anche se i mercati non acquistano titoli del debito, cioè titoli di stato, li acquista la banca centrale, meccanismo che da noi in Italia esisteva fino a quando la Banca d’Italia acquistava le eccedenze di debito pubblico, non acquistato sui mercati.
Poi si verificò il cosiddetto divorzio tra Banca d’Italia ministero del tesoro, cioè la Banca d’Italia non era più obbligata a finanziare il governo, tramite acquisto di titoli di stato.
Se consideriamo il meccanismo della FED di acquisto dei titoli, vediamo che il passaggio fondamentale è che lo stato emette titoli in cambio di denaro.
Questo significa che quando il governo ha bisogno di soldi, per avere la moneta stampata dalla FED, cosa fa?
S’indebita.

E la BCE, invece, come agisce?

In Europa, invece, succede qualcosa di diverso.
Intanto, nessuna banca nazionale può più stampare moneta, se non in misura limitata, e con riferimento a monete metalliche.
La stampa di carta moneta spetta solo più alla BCE, la quale, si faccia molta attenzione a questo punto, non può assolutamente, con quei soldi, acquistare titoli di stato di nuova emissione.
Almeno in base alle regole in vigore sinora.
Questo significa che in Europa il debito pubblico non può più essere finanziato con la stampa di carta moneta da pare della BCE, e la stampa di carta moneta serve solo più a regolare l’inflazione, in base a quanto previsto dallo statuto.
Quando la BCE ritiene che vi sia il rischio di oltrepassare un certo livello d’inflazione, attua una politica monetaria restrittiva, cioè vende titoli di stato che ha in portafoglio ad investitori istituzionali, cioè banche, così queste cedono parte dei soldi, cioè della liquidità che hanno, ed avendo meno soldi da imprestare, diminuisce la liquidità del sistema.
Se, invece, ritiene di immettere liquidità nel sistema, la BCE attua una politica monetaria espansiva, acquistando titoli, e cedendo liquidità alle banche, che quindi hanno più soldi da imprestare.
Questo consente di evitare di finanziare il debito pubblico, perchè la BCE non può acquistare titoli di stato di nuova emissione, cioè i governi non possono stampare titoli di stato, e venderli alla BCE, almeno sinora.

Ma allora, si dirà, se comunque la crisi attuale è sopratutto una crisi del debito, perchè in Europa questa crisi non si può risolvere semplicemente creando moneta?

Il problema è storico.
La Germania si ricorda del passaggio al nazismo, come dovuto sopratutto alla crisi economica della repubblica di Weimar, in cui l’eccessiva massa monetaria in circolazione aveva provocato troppa inflazione.
La soluzione però ci sarebbe.
Io dico che di una medicina è sbagliato sia usarne in quantità eccessiva, sia non farne alcun uso.
Si potrebbe stabilire che anche gli stati possano emettere moneta, anche se non in quantità infinita, ma legando tale quantitativo a determinati parametri.
Se i governi, invece di dover emettere titoli di stato per finanziarsi, potessero stampare soldi in certi quantitativi, senza dover ottenere soldi in cambio di titoli presso le banche nazionali o sovranazionali, potrebbero coprire almeno parte del debito.
Del resto, anche l’emissione di nuova massa monetaria negli USA dimostra che non si sta provocando inflazione.
Peraltro, se si adottasse una normativa, finalizzata a mantenere riservati i dati relativi alla creazione di nuova massa monetaria, si eviterebbe gran parte della componente più speculativa, legata all’inflazione.
Anche gli USA potrebbero ricorrere quindi alla politica monetaria, ma non più emettendo titoli in cambio di soldi, ma modificando il sistema in modo che la massa monetaria sia direttamente proprietà statale.
In pratica, suggerisco di tornare al vecchio potere dei sovrani di battere moneta.
Se ad esempio i governi potessero batter moneta per un controvalore, ogni anno, pari al 5% del loro debito, in 10 anni questo sarebbe ridotto della metà.
L’opposizione tedesca a simili situazioni è dovuta al timore di creare inflazione, ma quel che si sta verificando negli USA dimostra che le cose non stanno necessariamente così. Anche a prescindere dall’adozione di specifiche normative antispeculative.
Esistono opinioni discordanti su quali ambiti possa essere realmente efficace la politica monetaria?
In effetti, è così,
Per talune scuole di pensiero, ad esempio,la politica monetaria riuscirebbe con difficoltà a determinare il livello d’inflazione, dipendendo questo anche da variabili difficilmente prevedibili.
Più efficaci, invece, parrebbero gli interventi dedicati allo sviluppo economico, proprio come le iniziative di quantitative easing, che sono divenute tema di attualità e di dibattito soprattutto negli USA.
Tornando al rischio d’inflazione, questo non può, come temono i tedeschi, essere determinato anche da una politica monetaria troppo accomodante?
La creazione di moneta provoca inflazione solo se si attua in misura eccessiva.
Se si ponessero precisi limiti costituzionali a tale politica monetaria, la cosa non si verificherebbe, e i governi potrebbero avere la sicurezza della sostenibilità del loro debito.

I problemi sono quindi due:
per gli USA, quello di creare si nuova moneta, ma con il vecchio meccanismo di dover emettere un pari quantitativo di titoli di stato, mentre bisognerebbe invece ritornare ad un sistema per cui il denaro di nuova emissione è direttamente proprietà governativa.
Per l’Europa il problema è anche il fatto che il governo, pur emettendo titoli di stato, non può sinora farseli acquistare dalla BCE o da banche nazionali. E’ proprio il tema sul tappeto.
BIsognerebbe, quindi, tornare alla creazione di moneta di proprietà governativa, come espressione della sovranità statale, pur con paletti quantitativi che impediscano la cosiddetta iperinflazione e con precisi limiti alla diffusione dei dati relativi alla creazione di nuova massa monetaria.
Va inoltre considerato che l’inflazione si sviluppa soprattutto se la nuova moneta viene emessa senza che a ciò corrisponda una crescita del PIL del paese, mentre se invece siamo in presenza di crescita in situazioni di equilibrio tra domanda ed offerta macroeconomica, si tende anche alla stabilità dei prezzi di prodotti e servizi.

Passiamo ora ad un tema squisitamente tecnico: per quale motivo alcuni analisti ritengono in forse l’attuale fase rialzista dei principali mercati azionari occidentali, soprattutto motivando tale loro opinione osservando divergenze rispetto ai principali indicatori?

Occorre intanto ricordare, in certo qual senso, che non esiste l’analisi tecnica, ma piuttosto le tecniche di analisi.
L’analisi tecnica, infatti, si compone di tecniche diverse, e non sempre queste danno segnali concordanti, anzi.
E’ questo il principale motivo delle discordanze nelle opinioni dei diversi analisti.
Quanto poi, in particolare, all’analisi delle divergenze tra indicatori ed indici, o singoli titoli, va fatta intanto una distinzione molto importante tra indicatori ed oscillatori.
Entrambe le categorie rientrano nell’elaborazione matematica di prezzi o altre variabili, come i volumi, ma presentano una fondamentale differenza di fondo.
Mentre gli oscillatori possono variare solo in un campo predefinito di valori, tipicamente da 0 a 100, invece gli indicatori non hanno limiti minimi o massimi nei valori che possono assumere.
La presenza di valori minimi o massimi negli oscillatori fa si che in certo qual senso, questi siano destinati a creare delle divergenze artificiose, tali da indurre in inganno.
Se, ad esempio, un oscillatore non può superare il limite massimo di 100, raggiunto questo livello, necessariamente si creerà una divergenza rispetto a quotazioni che possono continuare a salire anche in presenza di divergenze prolungate.
Analoga e simmetrica situazione al ribasso.
Ne consegue che non necessariamente, la formazione di divergenze sugli oscillatori coincide con i punti di svolta del trend in corso.
Più affidabili, in tal senso, sono quindi le divergenze che si formano sugli indicatori, ma comunque anche queste formazioni grafiche rappresentano, più che il punto di svolta di un trend, un indebolimento del trend in corso, ed è quindi preferibile avere ulteriori conferme che il trend si sia effettivamente invertito.

A cura del Dott.Gianpiero Turletti Staff Tecnico di Proiezioni di Borsa Libreria di Borsa online