Un dollaro pesante non piace al presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Da parte sua la Federal Reserve, anche per dimostrare la propria indipendenza, non si può permettere di tagliare tutto e subito. Al centro di questa diatriba il dollaro. Qual è il punto della situazione secondo gli esperti?
I dati macro Usa
Wall Street ha aperto in rosso dopo gli ultimi dati macro. Nello specifico si tratta dei numeri riguardanti le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, aumentate di 4 mila unità (219 mila) contro le precedenti 215 mila unità (in prima lettura erano 213 mila, dato poi rivisto).
In tutto questo il Dow Jones sfiora il -1% (0,9%), l’S&P 500 perde lo 0,74% e il Nasdaq Composite lo 0,7%. Sul fronte valutario, il cambio euro/dollaro è a 1,0955. Ed è proprio sul dollaro che si giocherebbe l’ultima partita. L’indebolimento del dollaro è l’ultima speranza per l’economia globale. Non usa mezzi termini Steen Jakobsen di Saxo Bank che fa il punto della situazione sul dollaro e sullo stato dell’indebitamento mondiale.
Le banche centrali
Le banche centrali sono ripartite sul carro degli stimoli monetari ed è proprio la banca centrale statunitense che, adesso, dovrà mettere mano alla più importante delle valute a livello mondiale. A settembre la Federal Reserve americana ha tagliato una seconda volta i tassi di interesse dello 0,25%. Analoga decisione era già stata presa a luglio. Attualmente, quindi, il range di riferimento arriva tra 1,75%-2%. Già prima, però la Bce aveva offerto ai mercati un pacchetto di stimoli ben più ampio e soprattutto una politica di comunicazione più diretta e rassicurante.
In prima linea il taglio del tasso di deposito di 10 punti base al -0,5%. Il tutto affiancato da un nuovo, massiccio, programma di allentamento quantitativo (QE). Un esempio di quanto anche altre banche mondiali stanno intraprendendo oppure, come nel caso della banca centrale giapponese, non hanno mai smesso di fare.
Una bomba ad orologeria
Alla base dell’affermazione dell’esperto di Saxo, c’è anche quel debito mondiale pari al 240% del PIL globale. Gran parte di questo debito è, di fatto, denominato in dollari. Se il dollaro USA aumenta troppo, la tensione nel sistema aumenta: non solo per le esportazioni statunitensi, ma anche per il mercato emergente con la sua elevata dipendenza dai finanziamenti in dollari. Rendere il biglietto verde più leggero significa disinnescare una vera e propria bomba ad orologeria.