Dopo il 2012, con l’entrata in vigore della Legge Fornero per la previdenza italiana, il timore di rimanere senza pensione è dilagato tra i lavoratori. Dopo tanti anni di lavoro, infatti, vedere l’agognato traguardo che si allontana sempre di più spaventa. Soprattutto a fronte di mansioni estenuanti, lavori sempre più precari e licenziamenti sempre più semplici e frequenti. Gli italiani, quindi, sono maggiormenti portati a scegliere un’uscita anticipata dal mondo del lavoro piuttosto che attendere, magari, il compimento dei 67 anni.
Difficile da credere ma andare in pensione prima non sempre è conveniente visto che impatta sull’ammontare della somma mensile spettante.
Il costo dell’anticipo della pensione
Per chi sceglie di andare in pensione prima è necessario tenere presente due aspetti fondamentali che incidono sull’assegno previdenziale:
- i minori anni di contributi versati;
- il coefficiente di trasformazione applicato al montante contributivo, che sale al crescere dell’età.
Quando entrò in vigore la Quota 100 molti parlavano di penalizzazione, cosa che la misura non prevedeva assolutamente. L’allora presidente dell’INPS Tito Boeri, infatti, aveva parlato di una perdita fino a 300 euro sull’assegno spettante. Riferendosi, però, ai minori contributi versati, appunto, e al coefficiente di trasformazione applicato.
Questo per spiegare che non è necessario che la misura che si sceglie abbia una penalizzazione per vedersi riconoscere un assegno più basso. Ogni anno di lavoro in più, infatti, ha un impatto sull’assegno e questo deve essere preso in considerazione da quando è in vigore il sistema contributivo.
Difficile da credere ma andare in pensione prima ha sempre un costo per il lavoratore e l’assegno spettante è sempre più basso
Fino a che è rimasto in vigore il solo sistema retributivo il meccanismo dei coefficienti di trasformazione non impattava sulla pensione. Ed anche oggi va a incidere sulla sola quota contributiva della pensione. Facciamo un esempio pratico su quanto costa un anno di anticipo per il lavoratore e di quanto riceverà in meno di assegno previdenziale.
Per facilità di calcolo prendiamo in considerazione un lavoratore che ha iniziato a lavorare nel 1996 e ha versato nel 2022 26 anni di contributi. Inoltre facciamo l’ipotesi che la sua carriera lavorativa abbia portato per ogni anno lavorato un reddito lordo di 30.000 euro.
Per ogni anno lavorato vengono versati, in questo caso 9.900 euro di contributi. Moltiplicati per i 26 anni di lavoro i contributi annui restituiscono un montante contributivo di 257.400 euro. Se il lavoratore decide di andare in pensione nel 2022 con 62 anni di età avrà diritto a una pensione annua di 12.277 euro. In termini mensili avrà, quindi, una pensione di 944 euro per 13 mensilità.
Se il lavoratore, invece, decide di lavorare per un altro anno, non solo alza il suo montante contributivo ma vede l’applicazione di un coefficiente di trasformazione maggiormente conveniente. Andando in pensione nel 2023 e continuando a lavorare avrà, quindi, diritto ad una pensione annua di 13.124 euro. Ovvero di un assegno mensile di 1.009 euro per 13 mensilità. In questo caso anticipare la pensione di un anno costa al lavoratore 65 euro al mese per tutto il tempo in cui percepirà la pensione.