Detti comuni e principi generali del diritto, quale valore giuridico?

principi generali del diritto

Il silenzio assenso vale anche nei rapporti tra privati?

Il nostro ordinamento giuridico non si compone solo di norme definite dai diversi legislatori, Stato, regioni, enti locali, o da altre autorità competenti.

Pensiamo anche solo all’assemblea di condominio nel definire norme di un regolamento.

Oltre tutte queste norme, definite a diversi livelli, esistono principi, la maggior parte dei quali desunti dalla tradizione giuridica degli antichi Romani, non a caso espressi tramite i cosiddetti brocardi in lingua latina.

Detti comuni e principi generali del diritto, quale valore giuridico?

Principi generali impliciti e principi generali richiamati da norme

Talora alcuni di questi principi sono espressamente ripresi in modo esplicito da norme giuridiche, come il principio di impossibilità, di cui all’articolo 1256 del codice civile, o i principi, esimenti da responsabilità di tipo sanzionatorio amministrativo, di esercizio di una facoltà legittima o adempimento di un dovere, di cui all’articolo 4 della legge 689 del 1981.

Ma pensiamo anche alle cosiddette circostanze esimenti da responsabilità, previste dal Codice Penale. Notissima la legittima difesa.

La loro definizione è quindi affidata alla formulazione esplicitata dalle norme ed alla interpretazione di queste ultime.

In altri casi i principi sono invece parte di antiche tradizioni, quindi sono impliciti e su questi ultimi, basati sulla consuetudine, ovviamente è presente molta più incertezza. Per due principali motivi.

Non sempre è pacifico il loro accoglimento in un ordinamento, il fatto che siano valevoli come principi giuridici obbligatori.

E, anche nel caso di accoglimento, spesso non si concorda sulla loro esatta portata, sull’ampiezza di riferimento della fattispecie applicabile e sulla sua esatta definizione.

Un caso particolare: chi tace acconsente

Dopo un inquadramento generale del tema, ci soffermiamo su un detto comune molto noto, e che ha avuto anche significativa applicazione in ambito legale: chi tace acconsente.

Accolto esplicitamente nella normativa in materia giuspubblicistica di diversi ordinamenti, compreso il nostro, si applica principalmente nell’ambito dei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione.

In molti casi, succedeva e tuttora succede che il cittadino non riceva risposta ad una istanza presentata ad una pubblica amministrazione.

La necessità di definizione dei rapporti giuridici, ha quindi determinato una normativa di favore per il cittadino e quasi sempre, tranne alcune esplicite eccezioni, ne consegue che il silenzio dell’amministrazione, protratto oltre un certo lasso temporale, comporti accettazione implicita dell’istanza.

Ed in ambito giusprivatistico?

In ambito giusprivatistico, l’applicazione di tale principio non è imposta da norme giuridiche legislative o di pari valenza.

In parte, quindi, possono essere le stesse parti private a disciplinarne l’applicazione. Ad esempio inserendo, per la regolazione dei reciproci rapporti, una o più norme regolamentari o contrattuali, che disciplinino la materia.

Stabilendo, ad esempio, che ognuna possa avanzare istanze nei confronti dell’altra in relazione a determinati tipi di rapporti contrattuali intercorsi.

E, nel caso l’istanza non riceva espresso diniego entro un determinato termine, prevedendo la formula del silenzio assenso.

Tranne questo caso, se il silenzio assenso possa valere nei rapporti tra privati è questione dibattuta.

A sostegno della tesi negativa si osserva che alcuna norma giuridica prevede tale fattispecie.

Per la tesi positiva, si osserva invece che il principio chi tace acconsente fa già parte dei detti popolari, e almeno in alcune situazioni corrisponde ad esigenze di tutela di determinati diritti.

Almeno in tutti quei casi in cui un determinato soggetto abbia dei diritti di essere informato su alcuni aspetti, nei confronti di altro soggetto, che abbia dei correlati obblighi informativi nei suoi confronti.

Un esempio in ambito condominiale

Possiamo desumere un esempio di questo tipo dalla materia condominiale.

Come noto, l’amministratore condominiale svolge diverse funzioni, tra le quali alcune di natura anche informativa, come quelle in materia di ordini del giorno delle assemblee condominiali.

A tale funzione informativa corrispondono quindi degli obblighi, che rispecchiano il diritto del singolo condomino di essere informato.

A tale riguardo, va osservato che sempre più frequentemente gli ordini del giorno redatti dalle amministrazioni condominiali sono eccessivamente sintetici. E non rendono conto di determinati aspetti, relativi ad esempio a specifiche tecniche su lavori, che si pensa di mettere in discussione all’ordine del giorno.

Ne consegue che il condomino rischia quindi di non essere sufficientemente informato su caratteristiche essenziali dei diversi punti all’ordine del giorno. E sulla base, invece, delle medesime potrebbe decidere anche solo se partecipare o meno all’assemblea, proprio secondo il rilievo che assumono per lui determinati aspetti.

Ecco, quindi, il diritto di essere informato sui medesimi e di rivolgere determinate istanze e domande all’amministratore.

E se costui non risponde, o non risponde precisamente nel merito?

Proprio per non lasciare la questione indefinita e nell’incertezza il condomino, pare logico ritenere applicabile il principio chi tace acconsente.

L’amministratore non risponde entro un congruo termine?

Varrà l’ipotesi formulata dal condomino, ed inizialmente avanzata sotto forma di domanda.

Proprio perché alla mancata risposta dell’amministratore corrisponde la violazione dei suoi obblighi informativi, tale situazione non può risolversi in una situazione negativa per il condomino, la cui ipotesi, formulata in forma di domanda, o istanza, andrà quindi considerata accolta.

In conclusione, sul tema “detti comuni e principi generali del diritto”, come l’esempio del condominio, tanti altri casi potrebbero far ritenere opportuna e quasi indispensabile l’applicazione del principio chi tace acconsente. Proprio al fine di evitare che mancate risposte da parte di alcuni soggetti, vadano a detrimento di chi le abbia formulate e dei relativi diritti informativi.

Del resto, la necessità di chiarire talune situazioni, non si verifica solo nell’ambito dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT