Debito pubblico: cause e soluzioni

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Quali sono le cause del debito pubblico?

Quali le possibili soluzioni?

Si sono alternate, nel tempo, diverse tesi storico-economiche, relative in particolare al debito pubblico italiano.

Le principali riguardano: partecipazione allo SME, divorzio tra Bankitalia e Tesoro, dinamiche del saldo primario.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

Esaminiamole singolarmente.

Debito pubblico: partecipazione allo SME

Lo SME era un sistema di cambi tra monete europee, in cui ognuna delle componenti doveva muoversi entro un corridoio di valori predeterminato rispetto alle altre.

Per raggiungere i target previsti, l’Italia dovette procedere ad attuare una politica monetaria restrittiva, basata su tassi elevati, per sostenere il valore della lira.

Tassi di riferimento elevati contribuirono a tassi elevati anche nell’ambito del  mercato del debito pubblico italiano, e quindi il cosiddetto servizio del debito fu onorato con costi significativamente più elevati, rispetto ad una situazione di tassi di riferimento più bassi, o addirittura calanti.

Debito pubblico: divorzio tra Bankitalia e Tesoro

Prima del divorzio, per garantire che il debito pubblico emesso dallo Stato italiano venisse completamente coperto, anche in caso di mercati avversi, la Banca centrale era costretta ad acquistare i titoli emessi non acquistati dal mercato, ma a tassi decisamente più bassi rispetto al mercato.

In buona sostanza, una situazione in cui la Banca centrale di un Paese viene considerata al servizio della politica, perché qualunque spesa la politica, cioè il Governo, decida, viene comunque finanziata, ed a prescindere da parametri finanziari, come il ratio debito/pil o deficit/pil.

Come noto, la situazione economica letteralmente non solo avversata, ma decisamente quella più odiata dai tedeschi, perchè ritenuta prima causa di fallimento di quella che fu la loro Repubblica di Weimar e del successivo affermarsi del nazionalsocialismo hitleriano.

In particolare, il dito, in tale prospettiva, è sempre stato puntato contro le dinamiche inflattive particolarmente accentuate, che portarono i prezzi anche solo di comuni generi alimentari a dover essere pagati con carrettate di moneta.

Si è soliti affermare che i trattati istitutivi dell’eurozona si fondano in primis proprio su questo assunto, di matrice prettamente tedesca.

Evitare, cioè, nel modo più assoluto, il reiterarsi di una funzione delle Banche centrali al servizio delle politiche di spesa dei governi, e rendere autonome le politiche monetarie della banca centrale dalla politica del governo.

Ma in Italia il divorzio tra Tesoro e Banca centrale avvenne molto prima.

Introdotto da un esecutivo guidato del repubblicano Giovanni Spadolini.

Da quel momento, e non dall’entrata in vigore dei trattati europei, il servizio del debito rimase sostanzialmente affidato alle logiche di mercato.

La Banca d’Italia poteva autonomamente decidere di acquistare titoli pubblici, ma senza alcun obbligo.

Di qui un costo del finanziamento sempre più elevato in termini di tassi richiesti dal mercato del debito pubblico.

Debito pubblico: il ruolo dei tassi USA

Secondo altra teoria sarebbero invece stati i tassi degli USA a determinare un particolare aggravio.

Essendo considerati tassi guida, anche l’Italia avrebbe risentito negativamente di tassi in crescita seguiti per un certo periodo storico negli USA.

Quale verità?

A ben vedere tutte queste tesi si incentrano sul fattore tassi, perché sia il divorzio tra banca centrale e tesoro, sia i tassi di riferimento USA, o ancora la politica di tassi seguita nello SME, si basa su tale elemento.

Debito pubblico: il ruolo dell’avanzo/deficit primario

Secondo altra teoria, invece, il ruolo dei tassi sarebbe marginale.

E’ infatti evidente che se uno stato non ha necessità di finanziarsi tramite il debito pubblico, alcun tasso potrà mai impattare sui suoi conti.

Sarebbe quindi l’incapacità di uno stato, rectius di un governo, di rispettare un equilibrio tra entrate ed uscite, a far lievitare il debito.

E sicuramente questa tesi, peraltro sostenuta in un articolo dal Sole 24ore, è corretta.

Ma sino ad un certo punto.

Intanto perché in presenza di tassi più elevati ovviamente il debito tende a dilatarsi.

Non a caso una parte significativa del debito consiste in spese per interessi.

Ma esiste un altro, e più importante aspetto, di cui non bisogna dimenticarsi.

Se uno Stato, per proprie motivazioni storiche ed economiche, non riesce a far rispettare l’equilibrio di bilancio, allora non può che scegliere una di queste due opzioni.

O rinunciare a tutto quello che la spesa pubblica consente, compresi servizi pubblici, ospedali, welfare, infrastrutture, oppure non rinunciarvi, finanziando quanto necessario con il debito pubblico.

Si pone quindi un quesito di fondo.

Quale strada preferire?

La proliferazione del debito, soprattutto secondo i tedeschi, ingenera appunto un incremento significativo di moneta circolante (non dimentichiamo che anche i titoli del debito rappresentano moneta, secondo la moderna teoria economica, diffusasi soprattutto dopo Keynes), da cui il rischio di una situazione in stile repubblica di Weimar e favorevole a condizioni storiche che conducono ad un regime dittatoriale.

Debito pubblico: come stanno le cose?

Per capire la realtà della dinamica inflattiva, occorre però considerare che se non si adottano sistemi di convertibilità della moneta in metallo prezioso, allora la domanda quale sia il valore della moneta, non può che trovare una risposta.

Il valore della moneta è dato dal controvalore dei prodotti e servizi di un paese, a prezzi correnti, diviso il controvalore della moneta circolante.

Facciamo un esempio.

Se il controvalore dei prezzi e servizi prodotti in Italia fosse pari, tanto per semplificare, a 1 miliardo e la moneta circolante fosse pari ad un miliardo, il rapporto sarebbe pari ad 1.

Se invece aumentasse la moneta, raddoppiando, a parità di servizi e prodotti, allora il rapporto sarebbe pari a 0,5 e quindi l’inflazione raddoppierebbe.

Non è, quindi, in quanto tale, la creazione di nuova base monetaria la causa dell’inflazione, ma quella base monetaria che non corrisponde a creazione di beni o servizi.

Inoltre, è evidente che non sono le esigenze di copertura finanziaria della spesa pubblica a determinare, in quanto tale, il debito, ma solo quella parte di spese che non è coperta da soldi di proprietà statale.

Se la moneta stampata appartenesse direttamente allo stato, il problema del debito, evidentemente, non sussisterebbe.

Debito pubblico: quale soluzione?

Abbiamo visto che se lo Stato fosse proprietario della moneta, una stampa eccessiva di denaro potrebbe condurre ad una inflazione senza controllo.

Pertanto, la soluzione del problema del debito, ad avviso di chi scrive, non riconduce ad un ritorno alla stampa facile di nuova moneta, quasi un ritorno all’età di quella che io definirei l’età dell’Italia leggera, in cui sembrava che tutto andasse bene e senza pensieri.

Ed è anche vero che non basta un ritorno al rapporto tra Tesoro e Banca centrale, per far venire meno il problema del debito.

Infatti, se anche la Banca centrale venisse remunerata con un tasso pari a zero, resterebbe comunque la massa di debito legata alla necessità di finanziare la spesa pubblica non coperta da un saldo primario positivo o da un pareggio di bilancio.

Pertanto la soluzione consiste nel finanziare la spesa pubblica senza correlata emissione di Titoli del debito pubblico.

Di qui la fondamentale obiezione, che abbiamo visto: e l’inflazione?

I latini usavano, saggiamente, il detto: in medio stat virtus.

Come ogni medicina, qualsiasi soluzione, se estremizzata, può portare più conseguenze negative, che soluzioni.

Debito pubblico: soluzioni

La soluzione dovrebbe quindi essere una parziale rinnovazione di una sorta di sovranità monetaria.

Certamente non assoluta ed incondizionata, proprio per evitare che si ripresentino situazioni, come quella che condussero alla repubblica di Weimar, e poi all’affermarsi del nazismo ed a tutta una serie di eventi tragici, dalla notte dei lunghi coltelli a tutto quello che è successo in seguito.

In determinate quantità, basate sul rapporto tra queste e la moneta circolante, si potrebbe consentire agli Stati di stampare in proprio, cioè tramite le proprie Banche centrali, denaro, al fine di garantire una parte del servizio del debito.

Ma considerando il denaro di proprietà direttamente statale, e non debito da restituire.

Debito pubblico: debito pregresso

Ad esempio per rimborsare il debito pregresso.

Si potrebbe stabilire, ad esempio, che la Banca centrale stampi, divenendo di proprietà statale, un quantitativo di denaro pari ad un 5 per cento del valore del debito su base annua ogni anno.

Il problema inflazione non si porrebbe neppure, se quei soldi finissero nel circuito produttivo di beni e servizi, in quanto a fronte di un maggior quantitativo di denaro, si creerebbe maggior valore.

Non dimentichiamo, infatti, che poi il debito, una volta rimborsato, finisce nel sistema economico in termini di denaro che, se utilizzato per la produzione di beni e servizi, tende a non generare inflazione.

Al più, si creerebbe una limitata inflazione, osservando un determinato rapporto tra creazione di denaro non legata ad emissione di debito e moneta circolante, ma intanto, anno su anno, in 20 anni il sistema del debito troverebbe una sistemazione definitiva.

I problemi in questo campo si sono avuti perché si è sempre estremizzata una di queste due visioni.

O denaro facile, basta che il governo lo decida.

O assoluta mancanza di una banca centrale intesa come garanzia di ultima istanza, circostanza che pone il problema tutto dalla parte del debito.

Ogni estremo, come noto, porta solitamente a situazioni estreme, per cui ancora una volta, vale il principio in medio stat virtus.

Debito pubblico: sintesi

Anche una gestione non ottimale dei tassi,  non tendono ad essere la causa esclusiva del debito pubblico, anche se ne aggravano le condizioni.

Il problema principale è insito nel meccanismo di finanziamento della spesa pubblica.

Una soluzione sarebbe il ritorno a forme di sovranità monetaria, basata   sul rapporto tra denaro creato e base monetaria circolante, al fine di prevenire  inflazione.

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