Lo strumento prediletto dal Governo Conte per immettere liquidità nel sistema economico (ma sarebbe più corretto dire: tentare di immettere, visti gli effettivi risultati) non ha certo privilegiato canali diretti, come invece altri paesi hanno prescelto di usare.
In questo secondo caso, il cittadino si è visto accreditare direttamente sul proprio conto corrente una determinata somma di denaro, finalizzato alla ripartenza economica, per contrastare gli effetti recessivi della pandemia da coronavirus.
Invece, nel caso dell’Italia si sono usati soprattutto gli strumenti dei crediti, delle garanzie e dei bonus.
Ma crediti e bonus, gli strumenti prediletti del governo, funzionano?
In altri termini, si sono messi a disposizione crediti, da usare ad esempio in ambito fiscale sopratutto per la compensazione con debiti fiscali, o bonus da riscuotere poi da parte dei soggetti economici seguendo le lente tempistiche della burocrazia, piuttosto che garanzie per domandare finanziamenti bancari.
In alcuni casi si è fatto riferimento alla cessione di credito, oppure all’erogazione di credito da parte elle banche, con garanzie emesse dallo stato.
Ma tutto questo funziona?
La risposta è che per lo più questi meccanismi non funzionano.
Vediamo perché.
Da sempre l’economia opera con i soldi, come innumerevoli volte evidenziato in miei precedenti articoli, denaro contante o tracciato che sia, e il resto dei possibili strumenti inventati dal governo spesso lascia il tempo che trova.
I motivi del cattivo o assente funzionamento di garanzie, crediti e bonus.
Il bonus 110 per cento per lavori di ristrutturazione edilizia
Ma quali sono i motivi per cui principalmente questi metodi non funzionano?
Il primo lo abbiamo già detto, la necessità di liquidità.
Un esempio chiarisce meglio il concetto. Immaginiamo di avere una piccola ditta, e di dover affrontare tutta una serie di costi per realizzare una commessa lavorativa relativa ad opere di ristrutturazione edilizia. Ad esempio uno di quei lavori di ristrutturazione, legati alla cessione del credito del 110 per cento.
Ebbene, come titolare di questa piccola impresa, non posso pagare materiali, operai e quant’altro con bonus fiscali o crediti di altro tipo, quindi necessito di liquidità, che il committente, proprietario dell’immobile, confidando nel bonus, non mi dà.
Quindi, iniziamo con il dire che solo certe aziende, quelle di maggiori dimensioni e dotate di sufficiente liquidità, possono effettivamente permettersi di acquisire lavori non facendoseli pagare in denaro, ma con crediti di vario tipo.
Una disparità di trattamento per le aziende?
E di qui anche la conseguenza di disparità di trattamento tra aziende di maggiori e di minori dimensioni.
Comunque anche il committente dovrebbe fare molta attenzione su questo famoso bonus del 110 per cento per opere di ristrutturazione.
Una volta che il contratto sia stipulato, per l’impresa non dovrebbero esserci problemi fiscali, ma per il proprietario sì.
Infatti, se per difformità rispetto alla normativa sul bonus sono stati fatti eseguire lavori diversi da quelli consentiti, o sono stati conteggiati lavori in misura superiore a quanto poi ritenuto attendibile dal fisco, quest’ultimo potrebbe anche a distanza di tempo rivolgersi al contribuente/committente e richiedergli indietro il corrispettivo in denaro con eventuali sanzioni e interessi.
Se invece si voleva agevolare la ripresa economica, uno dei punti essenziali era proprio la certezza del diritto. Certezza che, in questo caso, per il committente significa: ho commissionato questo lavoro, devo essere sicuro che tutto sia in regola e che nessuno mi venga poi a chiedere conto di cosa sia stato fatto o no, magari non per colpa mia, ma di un’impresa o di un amministratore condominiale, che hanno sbagliato.
Garanzie bancarie e bonus vacanze
Anche il bonus ristrutturazioni, a quanto pare, è cedibile alle banche, che potrebbero anticipare il denaro, ma non è detto che l’operazione sia così facile.
Al pari dell’ottenere denaro tramite le garanzie che erano state predisposte.
Le banche seguono una loro politica del credito, e non è detto che preferiscano finanziare i soggetti economici, che invece il governo vorrebbe agevolare.
Ecco quindi un altro dei motivi che impediscono quella circolazione di base monetaria, che in teoria doveva favorire la ripresa.
Quindi, sin qui abbiamo visto che problemi con banche, burocrazia fiscale e limiti al dimensionamento della liquidità delle imprese, costituiscono impedimenti strutturali, per una piena e reale efficacia di certi strumenti, predisposti dal Governo.
Ma veniamo al bonus vacanze.
Perché non fare affidamento sul bonus vacanze
Numerosi motivi spingono la maggior parte degli italiani a non andare in vacanza, anche a prescindere dalle questioni economiche.
Tra questi le vergognose immagini provenienti degli automezzi bloccati sulle autostrade liguri.
Ma anche chi avesse deciso di usufruire del cosiddetto bonus vacanze in molti casi è rimasto deluso.
Diversi operatori non lo accettano o impongono comunque un limite minimo di spesa per accettarlo.
I problemi sono in gran parte, ancora una volta, gli stessi.
Gli operatori dovrebbero anticipare gran parte del denaro necessario a coprire i costi, che teoricamente sarebbero coperti dal bonus.
Quindi sui tempi dei relativi rimborsi, evidentemente si nutre molta sfiducia, conoscendo la burocrazia italiana, i relativi intoppi, nonché i tempi lunghi per ottenere qualcosa.
Ancora una volta burocrazia, mancanza e correlata necessità di liquidità, e mancanza di fiducia minano alla base determinati meccanismi.
Ed ancora una volta, purtroppo, il Governo Conte, come sempre al di fuori della comprensione dei meccanismi dell’economia reale, confida in strumenti che non funzionano o funzionano molto poco. E che gli consentono di fare propaganda sulle somme erogate, quando le cose stanno diversamente.
Il motivo ormai lo conosciamo.
Sintetizzando, possiamo dire: strumenti di politica fiscale e soprattutto monetaria che non funzionano più.
La soluzione è stata prospettata qui.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT“