Cosa succede agli scarti del riso se non vengono buttati?

Sappiamo bene quanto sia importante non sprecare il cibo. Specialmente se quel cibo si può trasformare in qualcosa di diverso e utile. Questa è la storia del riso e degli scarti che provengono dalla sua lavorazione, prima che sia messo in commercio. Infatti ogni scarto alimentare, che sia buccia di patata o cipolla, gusci di uova o buccia di arancia, grazie all’innovazione scientifica oggi possono avere una nuova vita. Come sappiamo il riso rappresenta uno degli alimenti principali per metà della popolazione mondiale. Per questo motivo è importante che la produzione di riso risponda alle necessità del nostro secolo.

Far sì che questo prodotto entri a far parte dell’economia circolare sarebbe una risorsa conveniente per svariati fattori.

Ciò specialmente nel nord d’Italia, dove sono collocate la maggior parte delle risaie.

E qui intervengono gli scarti del riso da cui si ricaverebbe ben altro che semplice concime.

Gli scarti del riso ammonterebbero a 1,3 tonnellate di paglia per una tonnellata di riso bianco e 70 chili di pula, cioè il residuo nato dalla sbiancatura.

Cosa succede agli scarti del riso se non vengono buttati?

La startup del riso

Nella provincia di Biella, sono situate un grande numero di aziende che producono riso.

Proprio a Biella è nata Ricehouse, un’impresa emergente che studia e mette in produzione idee per la bioedilizia.

Gli scarti del riso si possono trasformare in intonaci, massetti, eco pittura e rivestimenti.

Come sempre la parola d’ordine è “natura ed ecologia”. Materiali 100% naturali, che generalmente verrebbero buttati, si riutilizzano per farne altri prodotti.

Così si riciclano gli scarti del riso. Il sogno è di costruire una casa interamente grazie a questi scarti.

Altri utilizzi in bioedilizia

Gli scarti della lavorazione del riso, essendo in quantità notevoli, non possono essere bruciati come per altri materiali. Essi contengono silice, un elemento che danneggia gli inceneritori.

Con lo scopo di reintrodurre gli scarti nella produzione nasce RiceRes, finanziato dalla Fondazione Cariplo in collaborazione con l’Università di Milano e Pavia.

La pula, il residuo farinoso che si ottiene dalla sbiancatura, si caratterizza per essere ricca di grassi. Da alcune sostanze in essa contenute si possono ricavare sostanze a beneficio di alcune patologie, come per esempio il colesterolo.

L’alta digeribilità della pula la rende adatta come ingrediente per pappe per bambini.

Dalla pula si estrae anche dell’olio alimentare, da cui a sua volta nascono emulsionanti per l’industria alimentare.

Dalla paglia, invece, pare si possa ricavare un materiale adatto a produrre pannelli isolanti con l’aggiunta di lana di pecora.

Per ultima la lolla, rivestimento del chicco, usata per le lettiere di animali domestici e prodotti per il giardinaggio. Dalla lolla si è anche scoperto di poter produrre contenitori biodegradabili e compostabili, oltre che calce e intonaco per edifici.

Insomma, gli scarti del riso potrebbero essere una fonte di risparmio e guadagno al contempo.

Quindi, cosa succede agli scarti del riso se non vengono buttati? Diventano qualcos’altro.