Cosa può fare la Guardia di Finanza quando compie accertamenti facendo accesso agli studi professionali?

Guardia di Finanza

Uno dei maggiori incubi che potrebbe fare un professionista è quello dell’accesso della Guardia di Finanza nello studio professionale per effettuare degli accertamenti.

Insomma, è davvero una brutta faccenda. In quanto essa si traduce, in sostanza, in una perquisizione a scopo inquisitivo. Tuttavia, si tratta di un potere riconosciuto dalla legge. E che, purtuttavia, non è scevro da limiti e regole da rispettare per chi lo esercita.

Dunque, è bene che i professionisti sappiano, preventivamente, quali sono i limiti entro cui possa essere esercitato. Anzitutto, cerchiamo di dare conto del perchè un siffatto potere di accertamento, così invasivo, sia riconosciuto dalla legge.

Ebbene, l’accesso ai locali del contribuente è in linea con i compiti spettanti alla Guardia di Finanza, che sono quelli di prevenzione e repressione delle violazioni di norme tributarie e finanziarie.

Per far ciò, dunque, detto organo, concentra in sé i compiti tipici della polizia tributaria e giudiziaria per l’acquisizione delle notizie di reato e delle relative prove. Di conseguenza, l’accesso in tutti i luoghi destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali è finalizzato alla ricerca di ogni elemento utile per l’accertamento delle imposte. Oltre che per la repressione dell’evasione fiscale.

Ciò chiarito, vediamo cosa può fare la Guardia di Finanza quando compie accertamenti facendo accesso agli studi professionali.

Accesso agli studi professionali da parte della Guardia di Finanza

L’accesso della Finanza agli studi professionali viene compiuto, senza alcun preavviso. E può estendersi ad altri immobili di sua proprietà o nella sua disponibilità. Compresa l’abitazione privata.

Per far ciò, i militari devono essere muniti di un’autorizzazione del loro capo ufficio. Nella quale sia specificato il tipo di controlli da effettuare e l’individuazione del personale incaricato.

Detto documento va esibito al contribuente. E va indicato nel verbale che verrà redatto, una volta terminato l’accertamento.

In seguito all’esibizione dell’autorizzazione suddetta, la documentazione oggetto di ricerca può essere esibita spontaneamente dal professionista oppure acquisita dagli agenti, attraverso la ricerca nei locali ispezionati.

Prima regola che vale la pena di indicare è che per l’ispezione negli studi professionali, a differenza di quella effettuata in un’azienda, la presenza del titolare dell’ufficio o di un suo delegato, è condizione di validità della procedura.

In difetto, quindi, l’accertamento e i suoi risultati, saranno inficiati da nullità. E ciò in quanto illegittimi.

Seconda regola è che l’acquisizione della documentazione da parte degli agenti, che sia contenuta in computer e dispositivi di memoria esterna, in armadi, cassetti, schedari, può avvenire, sempre in presenza del professionista. Salvo che questi non eccepisca il segreto professionale.

In tal caso, per superare il dissenso, occorrerà che la Guardia di Finanza sia munita di un’apposita autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica.

Lo stesso vale anche per l’accesso all’abitazione del professionista, in precedenza accennato. Ciò, salvo nel caso in cui l’abitazione coincida con il luogo di svolgimento dell’attività professionale, purché non destinato ad abitazione. Ma specifichiamo questo aspetto più nel dettaglio.

Locali a uso promiscuo

Per i locali ad uso promiscuo, cioè utilizzati sia come abitazione che come studio professionale, l’accesso può avvenire solo in presenza di un’autorizzazione del pubblico ministero. Ciò avviene anche quando i locali siano tra loro comunicanti. Pur se diversi e separati materialmente.

In questo caso, infatti, i giudici tributari hanno dedotto la nullità dell’ispezione carente della indicata autorizzazione, allorquando i locali siano ad uso promiscuo: familiare e professionale. Quindi, per i locali ad uso promiscuo, l’ispezione è illegittima anche se effettuata con il consenso del contribuente, se manchi l’autorizzazione del pubblico ministero.