Raggiunta l’intesa dopo una maratona di colloqui per contrastare il crollo dei prezzi. Ma il prezzo del petrolio è crollato. Come mai? E cosa significa la cessazione della “guerra dei prezzi” che avevano innescato Russia e Arabia Saudita? Cosa comporta l’accordo dell’OPEC+ sul prezzo del petrolio per le tasche dei risparmiatori?
I principali produttori di petrolio, ad eccezione del Messico, hanno concordato di ridurre la produzione in maggio e giugno di circa 10 milioni di barili al giorno. Lo ha dichiarato l’OPEC, dopo una maratona di colloqui per contrastare il crollo dei prezzi. Per oggi è intanto previsto un G20 straordinario dei ministri dell’Energia per facilitare il “dialogo globale e la cooperazione”. Nonostante questo accordo, fortemente voluto dagli USA, che hanno fatto da mediatori tra i due contendenti, il prezzo del WTI e del Brent, greggio americano e del Mare del Nord, è di nuovo crollato. Perché?
Perché il prezzo della materia prima rimane basso?
Innanzitutto l’intesa è solo per due mesi, maggio e giugno. Dunque non è indefinita, che è quello che i mercati si stavano aspettando. Visto il momento estremamente problematico che il mondo sta vivendo, quello di cui hanno bisogno i mercati, e le economie, sono certezze. Ed un accordo di due mesi, raggiunto a fatica, non è una certezza. E’ solo una tregua.
Non solo. Il taglio ottenuto è di durata temporanea, e quindi piace poco, lo abbiamo appena detto. A causa del coronavirus, il mercato ha subito finora un vero e proprio shock, che ha interessato in particolar modo il lato della domanda. Quest’ultima, stando alle ultime stime trapelate, è crollata di oltre 30 milioni di barili al giorno. Il mercato è chiaramente troppo fornito. Un taglio di “soli” 10 milioni di barili giornalieri probabilmente ha deluso, e potrebbe essere stato giudicato insufficiente. Un’eventualità già prevista da numerosi analisti nei giorni scorsi, comunque. Da qui la flessione delle quotazioni.
E c’è anche un altro problema, non di poco conto. Il Messico, che è un importante membro dell’OPEC, ha detto di no. Lui non taglia la produzione. E siccome l’accordo per entrare in vigore deve essere all’unanimità, questo è un problema. Si pensa che il già citato G20 straordinario, con tema proprio l’energia, possa “metterci una pezza”. Come? Inducendo i membri dell’OPEC ad un altro taglio di 5 milioni di barili al giorno. Ma più che altro dovrebbe aiutare a convincere il Messico (che siede al tavolo del G20).
Cosa comporta quindi l’accordo dell’OPEC+ sul prezzo del petrolio per le tasche dei risparmiatori?
Per adesso, niente di particolare. La benzina continua ad essere piuttosto bassa (e continuiamo a pensare quanto costerebbe poco, grazie all’euro, se non fosse per le accise eccessive che ci sono). Le titubanze ed indecisioni che abbiamo evidenziato prima contribuiscono a far sì che il petrolio resti abbastanza basso. Per il risparmiatore questa è una cosa positiva (fino ad un certo punto, perché i prezzi scendono sempre lentamente e risalgono sempre troppo velocemente). Ma non lo è per le imprese della filiera del greggio. Molte, a questi livelli di prezzo al barile, non hanno convenienza ad estrarre. Quindi fermano i pozzi, che invece andrebbero manutenuti. E quando e se dovessero riprendere ad estrarre, e non fossero nel frattempo fallite, non ci sono garanzie che i pozzi siano funzionanti e non richiedano grosse spese per rimetterli a posto.
Insomma, ciò che è buono per il risparmiatore (petrolio basso equivale a benzina meno costosa), non lo è per le compagnie che estraggono e raffinano il greggio. E’ un bel conundrum, non c’è che dire.