Cosa ci dice il recente calo dei titoli azionari a settembre?

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Il mercato americano, guida dei mercati mondiali, ha raggiunto il suo ultimo record il 2 di settembre. Da allora è sceso quasi del 10%. Avvicinandosi a quella che in gergo tecnico si chiama correzione. O forse potrebbe essere un nuovo mercato orso? A giudicare dalla pronta ripresa di oggi, si tratterà probabilmente di una salutare correzione. Data altrettanto probabilmente da prese di profitto del tutto naturali. In ogni caso, cosa ci dice il recente calo dei titoli azionari a settembre?

E’ pur vero che il 2020 ci ha insegnato ad essere umili. Ma davvero questa sembra più una correzione che altro. Infatti, sembra che il mercato non sia stia muovendo su nuove notizie. Ma che stia ancora digerendo, per così dire, quelle vecchie. In pratica si tratta dei soliti noti. L’entità della rinascita dei casi di Covid-19 e i progressi verso il vaccino. Ma anche le elezioni negli States e il progresso più o meno accidentato verso nuovi stimoli fiscali. Infine, le relazioni commerciali globali e la progressione della ripresa economica.

I mercati sembrano concentrarsi in particolare verso la mancanza di progresso per i nuovi stimoli fiscali in America. Al contempo preoccupandosi per il sorgere di una potenziale seconda ondata del virus in Europa. Ma la view generale ed il bilanciamento dei rischi non sono sono cambiati drasticamente a settembre. E’ pur vero che i nuovi massimi di settembre sono stati un po euforici. E che alcune aspettative di ricavi per le mega aziende tecnologiche sembrano troppo alte. Quando alcune sacche del mercato sembrano troppo euforiche, un reset momentaneo è normale e salutare, persino.

Cosa ci dice il recente calo dei titoli azionari a settembre?

Quindi niente di cui preoccuparsi, almeno per il momento. Certamente lo stallo per una nuova serie di aiuti e stimoli fiscali all’economia americana non aiuta, però. E, al momento, non è affatto soddisfacente. Sembra proprio che un nuovo pacchetto di stimoli prima delle elezioni del 3 novembre non arriverà. Questo non aiuterà certo Trump, anche solo dal punto di vista mediatico. Perché, come tutte le misure economiche, i suoi effetti si vedrebbero nei mesi a venire. Non nei giorni che mancassero alle elezioni.

Solo la metà dei 22 milioni di posti di lavoro persi durante marzo e aprile è stata recuperata finora. Inoltre, giovedì scorso le richieste di sussidi di disoccupazione sono salite leggermente. Per la prima volta da maggio. Il che significa una sola cosa. Che i posti di lavori facili da recuperare sono finiti.

Il mercato ha parlato. Una correzione ci voleva. Niente è cambiato sotto i cieli dei suoi titoli azionari, almeno adesso. Chiaramente, buone notizie economiche farebbero ripartire al rialzo i medesimi. Il contrario se dovessero prevalere quelle cattive. Magari condite dall’aggravarsi dello scandalo delle tasse non pagate da Trump. O da un ulteriore inasprimento delle già cattive relazioni con la Cina.