Coronavirus arresta anche la riforma sulla riduzione dei parlamentari

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Tra le tante conseguenze negative, il coronavirus arresta anche la riforma sulla riduzione dei parlamentari. L’annosa questione aveva finalmente trovato un punto di definizione, quando il disegno di legge era stato votato in Parlamento con 553 voti favorevoli.

Con la riforma si acconsente al taglio da 315 a 200 dei seggi al Senato e da 630 a 400 di quelli alla Camera.

Tuttavia, poiche’ un quinto dei senatori ha richiesto la convocazione del referendum, la partita non si e’ chiusa in Parlamento e la procedura si e’ dilatata.

Infatti, la modifica del numero dei parlamentari rientra nel procedimento di revisione costituzionale che facoltizza la convocazione del referendum popolare, allorquando cio’ sia chiesto da 1/5 dei parlamentari. Ad avallare questa lettura e’ intervenuta anche la Corte di Cassazione che ha dato il via libera al referendum, considerando legittimo il quesito proposto dai “salvapoltrona”. Ciò’ in quanto la riduzione dei parlamentari, integra, effettivamente, la riforma degli artt. 56, 57 e 59 della Cost., attuabile con una procedura di revisione costituzionale ex art. 138 Cost. Va da se’ che con questi ostruzionismi, si sia perso tempo e quindi il coronavirus arresta anche la riforma sulla riduzione dei parlamentari.

Quindi, quando taglieremo questi costi?

Con il decreto legge “Cura Italia”,  il Governo ha provveduto  anche a prorogare di 6 mesi il termine per l’indizione del referendum. Di conseguenza, dovendo poi svolgersi lo stesso tra il 50 e 70 giorno dall’indizione, la data per il suo espletamento dovrebbe cadere a novembre 2020. Dunque, solo da questa data sara’ possibile tagliare questi costi dal nostro bilancio statale.

Si spera pertanto che, nelle more, le forze conservative, non si riorganizzino sul fronte del “NO”, incidendo sui consensi dei cittadini, orientandoli verso soluzioni antidemocratiche. Facciamo, dunque, in modo che la grossa tormenta che ci sta travolgendo sul piano fisico, psicologico ed economico, non si traduca anche in un pregiudizio dei nostri diritti costituzionali!