L’ABI ha appena pubblicato delle infografiche riepilogative su alcuni aspetti chiave del rapporto cliente-banche. In particolare in questa sede esporremo il rapporto tra conto corrente bancario e Indicatore dei Costi Complessivi: come si calcola e a cosa serve?
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Di cosa si tratta
In estrema sintesi, l’ICC indica il possibile costo annuo che si sostiene con un determinato conto corrente. Per ottenere questo indice si sommano sia i costi fissi annuali che quelli variabili. Tra i primi, troviamo il canone annuo di tenuta conto e tutte quelle spese che restano invariate, a prescindere dall’uso che noi facciamo del conto. Tra i secondi, invece, abbiamo quelli che cambiano in funzione del nostro utilizzo del conto (ad esempio inerenti alle operazioni, come i bonifici). L’ICC rimanda all’ISC, ossia l’Indicatore Sintetico di Costo, e ne ricalca il metodo di calcolo. In cosa si differenzia? La differenza sta che, con l’ICC nel calcolo dei costi sulle carte di pagamento (tipo carte di credito e debito), oggi si somma sia il canone annuo che i costi di emissione e di tenuta annua.
A cosa e a chi serve
L’ICC è dunque estremamente utile per due categorie di correntisti:
a) ai potenziali, ossia a chi ancora un conto non lo hanno e cercano dei metri di giudizio sintetici, per una eventuale, scelta, tra vari prodotti esistenti sul mercato. Banca d’Italia ha, a tal fine, individuato sei differenti profili-tipo di utilizzo del conto, e quindi di possibili clienti. Ad ognuno di essi è associato un certo range di operatività annuale. Questi profili di base possono servire all’utente per capire in quale di essi egli si riconosce. Serve quindi a facilitare e a ottimizzare la scelta del giusto conto, in rapporto ai costi e ai servizi avuti in cambio;
b) ai correntisti in essere. Spesso le spese annue di tenuta conto vengono prese “per buone”, ossia pagate senza considerare se la loro entità è in linea o meno col proprio profilo. In quest’ottica, dunque, un confronto, tra quanto si paga realmente e il profilo-tipo di conto a cui si appartiene, si rende alquanto utile. In caso di marcate discordanze tra le spese effettivamente sostenute e l’ICC può valere la pena recarsi in banca e fare luce sulla situazione. Magari considerando l’ipotesi di cambiare tipologia di conto, o addirittura proprio la banca.
Conto corrente bancario e Indicatore dei Costi Complessivi: come si calcola e a cosa serve
Infine è bene ricordare dove gli istituti bancari riportano indicazione dell’ICC. Esso è rintracciabile in due documenti:
a) nel Documento Informativo sulle Spese (in inglese FID), che sarebbe quel prospetto di sintesi che espone i servizi tipici del nostro conto. Esso viene fornito dalla banca, insieme al Foglio informativo del Conto e il documento di sintesi;
b) nel Riepilogo delle Spese (in inglese SOF) alla chiusura dell’anno. Questo ci viene dato insieme all’estratto conto.