Condominio, quali spese toccano all’inquilino con contratto rent to buy

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La formula di contratto “rent to buy”, che prevede il pagamento di un canone di affitto e l’impegno a comprare un immobile entro un certo termine, sta prendendo abbastanza piede in Italia. Ma attenzione a quel che succede quando andiamo considerare le spese condominiali. Vediamo oggi le problematiche più comuni con l’aiuto degli Esperti di Casa di ProiezionidiBorsa.

Un format che piaceva molto al mercato

Condominio, quali spese toccano all’inquilino con contratto “rent to buy”. Il rent to buy, introdotto nel nostro ordinamento con la Legge 133/2014, permette di entrare in casa come affittuario, cioè conduttore. Potremo diventare proprietari alla scadenza prestabilita, pagando un canone in rate mensili che si possono considerare un affitto. Questa formula è un ibrido tra contratto di locazione e preliminare di compravendita. Alla fine del periodo transitorio l’inquilino può decidere se procedere con l’acquisto oppure no. Se non dispone della somma necessaria, può però richiedere un mutuo. Se durante il periodo di godimento abbiamo pagato sempre puntualmente, il finanziamento per mutuo è facilitato, perché vantiamo una buona reputazione.

Condominio, quali spese toccano all’inquilino con contratto rent to buy

Ma durante il godimento, ecco cosa succede. Se in un edificio abbiamo una unità oggetto di contratto “rent to buy”, l’amministratore non sa chi convocare all’assemblea tra proprietario e inquilino. Oppure non sa a chi dei due fra conduttore e proprietario, richiedere il pagamento delle spese condominiali. Il contratto ibrido, insomma, crea problemi già alla pre-vendita.

Nel “rent to buy”, succede un po’ quel che capita in una situazione di vendita della nuda proprietà. Spetta al proprietario, detto concedente, provvedere alle “riparazioni straordinarie” (articolo 1005 cod. civ.). Mentre è compito del conduttore (possiamo anche definirlo beneficiario) farsi carico delle spese e degli oneri “relativi alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria” dell’immobile. A livello di assemblea condominiale, si applicano, insomma, gli ultimi tre commi dall’articolo 67 delle Disposizioni di attuazione del Codice civile. Sono quelle che regolano i rapporti tra nudo proprietario, usufruttuario e amministrazione.

Una poltrona per due

Occorre distinguere dunque, prima di spedire la convocazione, se l’assemblea si riunirà per deliberare su “ordinaria amministrazione e semplice godimento delle cose e dei servizi comuni”, come la terrazza sul tetto, oppure no. Nel primo caso, bisognerà convocare chi abita l’immobile. Nel secondo caso invece bisognerà convocare il concedente, vale a dire il proprietario. Se l’assemblea deve deliberare su più argomenti, bisogna convocare entrambi. E farli entrare e uscire dalla sala a turno, a seconda dei singoli argomenti da affrontare. Oppure utilizzare le nuove tecnologie. È stata finalmente autorizzata l’assemblea condominiale online ma la mista già spopola.

Comunque, dal vivo o in chat, succederebbe un pasticcio, se i due non andassero d’accordo sulle azioni da votare. Anche a proposito di partecipazione alle spese condominiali bisognerebbe seguire lo stesso criterio. Ma c’è di più. In caso di ritardo nei pagamenti, entrambi i soggetti potranno essere chiamati a rispondere “solidalmente per il pagamento dei contributi dovuti all’amministrazione condominiale”.

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