Compromesso difficile sul Recovery Fund

David Sassoli

Compromesso difficile sul Recovery Fund. Clima teso e fumata nera a Bruxelles. Il Consiglio Europeo sul piano straordinario di aiuti e sul bilancio pluriennale dell’Unione Europea non è partito nel clima sereno che tutti si auguravano. Che le trattative fossero difficili tutti se lo aspettavano. Che il clima fosse avvelenato e non ‘responsabile’ come da dichiarazioni ufficiali, anche questo se lo aspettavano. I Paesi frugali guidati dall’Olanda e dall’Austria hanno fatto muro contro i piani della Merkel. E sono volate parole pesanti. Tanto pesanti che il Presidente Charles Michel ha autorizzato le riunioni bilaterali e tra gruppi ristretti di vari Paesi, pur di rasserenare gli animi. Spieghiamo bene cosa succede.

Conte lasciato fuori dal ‘conclave’

Il premier italiano Giuseppe Conte è rimasto a fare anticamera. Non è stato convocato né dal presidente francese Emmanuel Macron, né dalla Cancelliera Angela Merkel. I due si sono riuniti in conclave con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. I Paesi nordici con l’Olanda e l’Austria hanno continuato a insistere sulla necessità di imporre un meccanismo di blocco dei rubinetti. “Se non c’è unanimità, non devono partire le erogazioni”, ha detto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz.  “Rimane cruciale che gli aiuti siano usati per riforme lungimiranti e non per progetti orientati al passato”.

L’Italia passa all’attacco

Compromesso difficile sul Recovery Fund. Il nostro premier, vedendosela brutta, è passato all’attacco. Minacciando che porrà il veto al famoso meccanismo di sconti. E quello che permette ad Austria, Danimarca, Olanda, Svezia e Germania di risparmiare 6,4 miliardi sul totale da conferire al bilancio dell’Unione Europea. Già, perché le nazioni ricche hanno uno sconto? Rutte vuole difendere con le unghie questi privilegi. E anzi lascia intendere che dovranno essere maggiori. Conte insiste per l’adozione del piano entro un mese; e perché possa durare almeno tre anni.

Compromesso difficile sul Recovery Fund

Il fronte rigorista ha accusato una prima sconfitta, prima di cena. L’Olanda ha chiesto che i piani nazionali d’investimento ottengano il via libera, ma solo se unanime degli Stati. Ma gli altri hanno risposto picche. Alla cena di gala, la proposta del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Si potrebbe ricorrere ad una sorta di ‘freno d’emergenza’. Che bloccherebbe i pagamenti del Recovery Fund se non ci fosse “consenso” tra i governi, rimandando la questione ai leader. Il meccanismo verrebbe applicato sull’attuazione dei piani, non sul loro ok iniziale. Bisognerà ora vedere se l’Olanda scenderà a compromessi. “Tutto il mondo ci sta guardando”, avverte la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.

Perchè si blocca il negoziato

Sono tre i punti controversi: le dimensioni finanziarie del piano anti-crisi; la divisione tra i Paesi membri della maxi spesa tra aiuti a fondo perduto e prestiti da restituire; l’assegnazione al Consiglio europeo (che però vuol dire agli Stati più forti) del potere di bocciare i piani nazionali d’investimento. Su questo punto i Paesi frugali chiedono il voto all’unanimità e l’Italia punta i piedi. Il ministro dell’economia Gualtieri ha spiegato al tg7 di Mentana che questa è una linea rossa che non possiamo oltrepassare.

Le altre questioni aperte sul tavolo

Il volume del bilancio comunitario 2021-2027: si chiede una riduzione della spesa. E i quattro Paesi frugali (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia) chiedono uno sconto. Si discute anche sul vincolo tra l’accesso ai fondi europei e il pieno rispetto delle libertà democratiche fondamentali (tema che chiama in causa Ungheria e Polonia). Il presidente francese, Emmanuel Macron, conferma che il piano anti-crisi e il bilancio pluriennale non possono essere ridiscussi da zero “Bisogna raggiungere un compromesso. E su entrambi”. David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, invece è preoccupato: un robusto finanziamento al piano forse porterebbe un taglio al bilancio comunitario 2021-2027. Magari alle le ingentissime spese e magari anche un po’ agli stipendi.

Facciamo i conti

Obiettivo politico della Commissione Ue è di stanziare almeno 500 miliardi a fondo perduto. I frugali (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia, col consenso dei partiti conservatori finlandesi e tedeschi ) considerano troppo alto il fondo perduto e, in generale, premono perché siano mobilitate meno risorse nel piano anti-crisi.

La Commissione Ue discuterà come spendere i 728,8 miliardi. Ecco l’ultima ipotesi:310 miliardi di sussidi a fondo perduto e 250 di prestiti agli Stati per economia digitale e ambientale. 55 miliardi di finanziamenti per municipi e ospedali. 40 miliardi agli Stati per un’economia a impatto ridotto sull’ambiente. 15 miliardi di aiuti agli agricoltori che vendano al dettaglio. 15,3 miliardi alla Bei e alle “banche di promozione nazionale” per aiuti agli imprenditori e alle start-up. altri 31 miliardi alla Bei per rilanciare gli  investimenti privati. 9,4 miliardi per attrezzare i Servizi Sanitari Nazionali per le pandemie. 3,1 miliardi per appalti e aiuti mirati erogati dalla Commissione Ue. I soldi verrebbero distribuiti per il 70 per cento tenendo conto della disoccupazione dei Paesi tra il 2015 e il 2019. Il restante 30 per cento verrebbe assegnato (nel 2023) in base al calo del Pil 2020-2021.

Dove trovare i soldi

Molti eurodeputati dicono che non ci sono i soldi per questo piano ambizioso. E premono per introdurre nuove imposte su scala europea. Per esempio, sulle plastiche non riciclabili che porterebbe fino a 7 miliardi l’anno. Chiedono una tassa sulle emissioni di CO2 alle frontiere e sulle importazioni di prodotti carboniferi (dagli 8 ai 14 miliardi l’anno). Chiedono una tassa sui colossi del web (Gafa: Google, Amazon, Facebook, Apple). E un’altra una sulle transazioni finanziarie (con belgi, danesi e olandesi contro).