Come noto, l’uso delle mascherine, prima ancora di divenire oggetto di alcuni obblighi giuridici, era vivamente consigliato da diversi medici, al fine di tutelare la propria e l’altrui incolumità.
In particolare, con riferimento alla pandemia da Covid-19, ma non solo. Ma in caso di sanzioni sull’uso delle mascherine, come ricorrere?
L’utilizzo delle mascherine anche prima della pandemia, poteva contribuire a limitare il diffondersi di patologie trasmissibili per via aerea e respiratoria.
Alcuni studi, non a caso, hanno evidenziato che dove già veniva usata diffusamente, il suo utilizzo si accompagnava proprio ad una maggior limitazione di questo tipo di malattie.
Da sottolineare, al contempo, che ne esistono tipologie diverse e non tutte hanno la stessa efficacia.
Ma qualcosa di diverso, sul suo utilizzo, è intervenuto con il DPCM del 13 ottobre. Esso ne disciplina l’uso anche in termini di obbligo giuridico, ad esempio in spazi all’aperto.
Va premesso, quindi, che l’uso, anche non fosse obbligatorio, viene comunque raccomandato dagli esperti.
Ma sugli aspetti più propriamente giuridici, vi sono alcune considerazioni da svolgere.
In particolare, l’inosservanza sul suo utilizzo potrebbe venire sanzionata, con elevazione di un verbale che commina una sanzione amministrativa. Ci domandiamo, quindi, se chi venga sanzionato possa difendersi e far annullare tale sanzione.
Come ricorrere in caso di sanzioni sull’uso delle mascherine
A tale riguardo, occorre considerare che in tale materia, si applicano i principi e le procedure, di cui alla legge 689 del 1981, che costituisce un caposaldo nel sistema dell’illecito amministrativo e depenalizzato-amministrativo.
Le procedure
Nel caso si decida quindi di ricorrere contro un siffatto verbale, che abbia elevato una sanzione amministrativa, si può fare ricorso al prefetto o, in alternativa, al giudice di pace.
Nel primo caso è sufficiente depositare un ricorso, redatto non in bollo, presso gli uffici territoriali della locale prefettura. Si può anche, in alternativa, utilizzare una raccomandata con ricevuta di ritorno.
E non occorre assistenza di avvocato.
In caso di ricorso al giudice di pace, il ricorso è da depositare presso la cancelleria del giudice di pace territorialmente competente e si svolge una vera e propria procedura giudiziaria.
Va però considerato che, a seguito di interventi da parte della Corte costituzionale, nel caso in cui i motivi per far annullare il ricorso risultino già evidenti dal ricorso stesso, non è più vincolante presentarsi poi in udienza.
Ed in tali casi, quindi, la mancata presentazione non comporta più automatico rigetto del ricorso stesso.
Chiarite queste note essenziali sulla procedura, sarebbe parimenti possibile presentare prima il ricorso al Prefetto e poi, in caso di rigetto, ricorso contro tale rigetto al giudice di pace.
Ovviamente è poi sempre possibile, dopo il ricorso al giudice di pace, presentare eventuale ricorso in appello e poi in Cassazione, contro la sentenza che abbia rigettato il ricorso.
Le motivazioni del ricorso
A proposito della domanda su come ricorrere in caso di sanzioni sull’uso delle mascherine, possono esservi diverse motivazioni a sostegno del ricorso.
Intanto, quelle che possono riguardare alcuni vizi, e che possono essere fatte valere nei confronti di qualunque verbale sanzionatorio. Tutto ciò a prescindere dallo specifico illecito amministrativo contestato, come la mancata indicazione dell’agente accertatore, per fare un esempio.
Ma in questo articolo intendo soffermarmi su specifiche motivazioni che riguardano le mascherine.
A tale riguardo, occorre notare quella che è stata una probabile svista, nella redazione del DPCM del 13 ottobre.
O meglio, una dimenticanza.
Come ho fatto notare più volte, sono i tecnici in genere a formulare il testo di leggi o altri atti giuridici.
Poi solitamente i politici si limitano a studiarli e a decidere se approvarli o meno.
Talora, però, non sempre anche il tecnico esperto ha presenti tutti i possibili effetti giuridici di un testo.
In particolare, nel caso in questione occorre considerare che l’obbligo delle mascherine è inserito in un DPCM. Tecnicamente esso costituisce atto normativo di grado gerarchico inferiore alla legge.
Pertanto, in caso di contrasto tra le disposizioni di un DPCM e di una legge o atto avente forza di legge, prevalgono le seconde.
E in un eventuale procedimento in cui si applicano tali disposizioni, ci sarà da disapplicate quelle di rango inferiore e applicare invece quelle legislative.
È quanto verificatosi in questa materia.
Infatti un DPCM non può abrogare, né esplicitamente, né implicitamente, una legge. E in materia di mascherina, la materia è regolata anche dal testo unico delle leggi in materia di pubblica sicurezza.
L’attuale articolo 85 (originario articolo 83) di questo Testo unico prevede espressamente il divieto di comparire mascherati in pubblico, divieto la cui inosservanza è a sua volta sanzionata.
Un evidente contrasto con le indicazioni del DPCM del 13 ottobre
Nel ricorso sarà quindi possibile far presente tale contrasto e far quindi osservare che ci si è trovati in una circostanza prevista dall’articolo 4 della legge 689 del 1981. L’adempimento di un dovere da intendere anche quale rispetto di un divieto.
Con l’ulteriore precisazione che, essendo tale divieto imposto da una norma di rango legislativo, quindi superiore ad un DPCM, il contrasto tra divieto di legge e obbligo del DPCM si risolve a favore dell’obbligo del rispetto del divieto imposto dal testo unico delle leggi in materia di pubblica sicurezza.
Detto questo, aggiungiamo che sarebbe anche opportuno che si risolvesse esplicitamente il contrasto tra fonti giuridiche diverse con una espressa disposizione, avente valore di legge, che esplicitamente abolisse la norma del testo unico delle leggi in materia di pubblica sicurezza, se proprio si vuol rendere obbligatoria la mascherina in luogo pubblico.
Certamente, anche una espressa previsione di abrogazione di detta norma, ma da parte di un DPCM, non potrebbe avere tale effetto. Proprio perchè il DPCM è un atto puramente amministrativo, senza alcun valore legislativo.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT”