Esiste un filo rosso che unisce analisi tecnico/finanziarie e politica, la matematica, strumento che consente spesso di decifrare situazioni, che diversamente resterebbero difficilmente comprensibili.
Tutti i giorni gli analisti tecnici studiano grafici, che altro non sono che rappresentazioni di realtà matematiche, dalle quotazioni sino ai più elaborati indicatori, a loro volta matematicamente derivate dei prezzi.
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Per non parlare dei numeri dell’analisi fondamentale.
Ma con i numeri è anche possibile comprendere dove vada a parare la trattativa per la formazione del nuovo governo, e magari anche qualcosa in più.
Ad esempio, quale programma verrebbe realizzato da un governo con i cinque stelle, ed in particolare quali misure economiche potrebbero essere applicate?
Procediamo con ordine, e partiamo dalla nuova ipotesi di formazione di un governo con i 5 stelle.
Parlo di nuova ipotesi, perché sino a qualche tempo fa pareva che il PD fosse unito nell’indicare di andare all’opposizione.
Invece, dopo il fallimento della trattativa tra pentastellati e lega, ora il segretario Martina pare indicare la possibilità di una trattativa.
Trattativa che, per quanto difficile, soprattutto a causa dei passato burrascoso nei rapporti tra le due forze politiche, non esclude un punto d’incontro su alcuni temi.
Sotto tale profilo il programma dei 5 stelle si è molto annacquato, rispetto alle proposte originali.
Ad esempio, il reddito di cittadinanza pare essere ricondotto al più generico contenitore delle misure di contrasto alla povertà, o poco più.
Ma, come dicevo all’inizio di questo articolo, non è dai contenuti dei programmi che capiremo se si farà o meno un governo con PD e 5 stelle, ma da alcune considerazioni, sopratutto numeriche.
Come noto, per avere un governo in carica, occorre ottenere la maggioranza di voti di fiducia in entrambe le camere.
Ma ci sono questi voti?
Molti esponenti del PD, anche tra quelli possibilisti sulla trattativa, evidenziano non pochi ostacoli.
Ma anche se le componenti possibiliste, martiniani e franceschiniani in testa, votassero poi a favore dell’accordo, questo basterebbe?
Per rispondere a questa domanda, basta unire un po’ di numeri con alcune forme di comunicazione politica.
E spesso queste forme danno molto più il polso della situazione, che non le dichiarazioni ufficiali dei leaders.
Mettiamo insieme un po’ di questi elementi.
Alcuni renziani hanno twettato “senza di me”, per evidenziare una netta contrarietà all’accordo con i 5 stelle.
Altri esponenti renziani hanno anche detto chiaramente di no in televisione.
Renzi in primis, in televisione si è fatto vedere mentre domandava ai passanti se gradissero o meno un’ipotesi di accordo con i pentastellati, ad evidenziare i dubbi della base.
Altre posizioni contrarie sono altrettanto note, come quella di Orfini.
Pertanto possiamo partire da questo dato, che pare l’unica certezza al momento pressochè assoluta in questa vicenda.
I renziani con probabilità prossima al 100 per cento sono e resteranno contrari all’accordo.
E questo è un elemento fondamentale proprio numericamente.
A parte i voti nel partito, cioè il fatto che i renziani sono ancora la maggioranza nel partito, conta soprattutto il fatto che abbiano la maggioranza dei seggi in parlamento, e che senza questi seggi non si possa ottenere la fiducia.
I numeri sono i seguenti: circa 70 su 111 seggi alla camera sono controllati da Renzi, e 30 su 52 al senato.
Quindi un eventuale accordo potrebbe contare sui seggi dei non renziani, e quindi: alla camera su circa 263 seggi (5 stelle più centrosinistra, meno renziani) a fronte di una maggioranza minima di 315 seggi per avere la fiducia.
Al senato il governo potrebbe contare su circa 139 seggi, in base allo stesso procedimento di calcolo, a fronte di una maggioranza minima richiesta per la fiducia di 158 voti.
Tranne un’improvvisa virata di posizione dei renziani a 360 gradi, potremmo dire che i giochi sono ormai fatti.
Del resto, in caso di accordo il rischio di un’ulteriore scissione nel PD resterebbe molto elevato, ed in quel caso si aprirebbero scenari molto diversi, e sinora ritenuti improbabili, come quello, appunto, della creazione di un ulteriore partito di Renzi, ormai scisso dal PD, e possibili nuovi esecutivi formati da questo partito e componenti del centrodestra, sia pur dopo una nuova tornata elettorale.
Paiono quindi avvicinarsi sempre più le elezioni, ed anche il mandato di Fico pare ormai destinato ad un probabile fallimento.
Ma se andasse in porto un esecutivo PD-5 stelle, quali sarebbero le prospettive?
Probabilmente, anche alla luce di alcune rivisitazioni critiche, affidate anche ad esperti esterni, come il prof. Della Cananea, ci si è resi conto della pratica impossibilità di reperire le risorse sufficienti per approvare determinate misure, come il reddito di cittadinanza. Ed ancora una volta, come notiamo, i numeri la fanno da padroni.
Tutto è quindi diventato più fluido, più vago e riconducibile a più generici punti programmatici.
Di sicuro c’è che l’Europa aspetta, intanto, di sapere se l’Italia riuscirà a trovare anche solo le risorse per disinnescare le clausole di salvaguardia, che prevedono, tra l’altro, un incremento dell’Iva, con evidenti effetti recessivi sulla nostra economia.
Ma anche l’originale programma pentastellato, che di questo si occupava, sostenendo una fuoriuscita dall’eurozona, ed il conseguente mancato obbligo di osservare determinati parametri, ormai è stato abbandonato, senza fornire però risposte effettivamente alternative.
Occorre quindi pensare, in sintesi, a nuove elezioni come ad uno scenario sempre più probabile, mentre i futuri programmi del prossimo esecutivo restano ancora, in gran parte, nel limbo delle questioni da definire.