Come chiudere un contratto d’affitto ad uso abitativo quando le parti sono d’accordo?

contratto d'affitto

Il contratto d’affitto è quell’atto che regola il rapporto tra locatario e locatore. Il primo, detto anche affittuario o conduttore, prende in affitto un immobile altrui a fronte del pagamento di un corrispettivo in denaro. Quest’ultimo è il c.d. affitto, che finisce (dopo aver pagato le tasse) nelle tasche del locatore, il proprietario dell’immobile.

In questa sede vediamo come chiudere un contratto d’affitto ad uso abitativo quando le parti sono d’accordo.

La durata del contratto di affitto ad uso abitativo

I contratti di locazione ad uso abitativo, per esempio, sono quadriennali, con possibilità di rinnovo per altri 4 anni, a meno che il locatore non esprima volontà di recesso per una causa specifica.

Si può anche stipulare un contratto triennale, con possibilità di rinnovo biennale. Il  canone è legato o ai parametri di legge o agli accordi stipulati dalle associazioni di categoria.

C’è poi la possibilità di stipulare contratti da 1 a 18 mesi in casi in cui c’è una componente di natura transitoria. Si pensi al caso degli affitti degli immobili agli studenti universitari.

Infine ci sono casi quei contratti di durata inferiore ai 30 giorni (si pensi ai turisti), per cui non c’è obbligo di registrazione del contratto.

Il recesso del locatario

Per i contratti di affitto ad uso abitativo, l’affittuario o locatario può recedere in presenza di gravi motivi o in base a quanto previsto dalle clausole contrattuali. Ciò dovrà avvenire con una raccomandata A/R o tramite posta certificata PEC ed un congruo preavviso al locatore (almeno 6 prima).

Il locatario sarà chiamato a risarcire il danno economico al locatore nel caso in cui non dovesse rispettare questo preciso termine temporale. Nel concreto, sarà chiamato a corrispondere al locatore 6 mensilità.

Vediamo come chiudere un contratto d’affitto ad uso abitativo quando le parti sono d’accordo

La risoluzione consensuale del contratto avviene quando locatario e locatore, di comune accordo, decidono di porre fine al rapporto contrattuale in essere.

La legge non prevede il vincolo formale. Nel caso dei contratti di locazione ad uso abitativo, diciamo che si preferisce un’estensione della forma scritta anche al contratto di risoluzione. A monte, infatti, esiste già un contratto di locazione redatto in questa forma. La risoluzione poi presenterà tutti gli adempimenti che erano stati del contratto di locazione, compresa la registrazione. Le parti sono obbligate in solido alla registrazione appunto, entro 30 giorni dalla stipula dell’accordo. Dovranno infine versare l’imposta di registro che non sarà dovuta se per il contratto di locazione si è in origine optato per il regime della cedolare secca.

Bisogna comunque comunicare la risoluzione consensuale all’Agenzia delle Entrate, dove originariamente era stato registrato il contratto di locazione.

Con questo nuovo atto si ottengono due grandi obiettivi: primo, si dichiara e sottoscrive la volontà di porre fine alla locazione. Secondo, si indica il momento esatto a partire dal quale le parti non saranno più assoggettate al pagamento delle imposte sui redditi legate alla locazione. Questo strumento inoltre serve a regolare le questioni transitorie e pendenti tra le due parti contraenti.

Il contenuto minimo dell’accordo

Nel contratto di risoluzione sarebbe infine opportuno inserire la motivazione del recesso da parte di entrambi le parti o di una parte di esse. Non deve mancare la definizione e la gestione delle spese inerenti il contratto di risoluzione, indicandone ad esempio la ripartizione. Infine dall’atto si deve evincere la gestione della caparra, ossia se è stata restituita al locatario conduttore o trattenuta dal locatore in caso di danni all’immobile.

Abbiamo dunque illustrato come chiudere un contratto d’affitto ad uso abitativo quando le parti sono d’accordo. Infine, nell’articolo di cui qui il link illustriamo come funziona la disdetta di un contratto d’affitto da parte del proprietario.