Nella cultura giapponese, le bacchette ricoprono un ruolo molto importante. A testimoniarlo anche il nome in lingua originale (ohashi), preceduto da un “o” onorifico. Con questo termine, tuttavia, ci si riferisce a quelli usati in casa e non ai ristoranti, che sono invece detti waribashi. La loro caratteristica principale è quella di essere uniti alle estremità. Chiunque abbia frequentato un ristorante giapponese e abbia scelto di usare le bacchette si sarà trovato a doverle staccare almeno una volta. In generale, le bacchette giapponesi consistono in due bastoncini in bambù o legno, disposti vicini al bordo del tavolo con le punte riposte su un poggiabacchette (hashi oki). Gli hashi oki sono in legno, ceramica, vetro o giada se particolarmente costosi. In realtà, si può dire che saranno esposte molte più di sole cinque curiosità sulle bacchette giapponesi.
Cinque curiosità sulle bacchette giapponesi
In realtà sono originarie della Cina
Le bacchette vengono spesso associate al Giappone. E solo al Giappone. In realtà, invece, sono originarie della Cina. Lì vengono utilizzate da millenni, mentre sono state introdotte in Giappone solamente tra il III e il V secolo D.C., dove hanno trovato un’immediata diffusione. Non sono utilizzati solo per mangiare, ma a volte fanno parte anche del processo di preparazione: vengono usati per mescolare la carne, per introdurre la verdura all’interno delle pentole e per girare il pesce. Le bacchette cinesi, però, allo stato attuale sono più lunghe e meno appuntite di quelle giapponesi, corte e appuntite.
Le madri insegnano ai figli a manovrarli fin dalla più tenera età
Molti lamentano del fatto che “le madri di oggi non insegnino più in modo efficace l’utilizzo degli ohashi“. Uno dei compiti delle madri giapponesi è quello di istruire i figli ad utilizzare le bacchette, permettendogli quindi di sviluppare una buona manualità fin dalla più tenera età.
Esiste una precisa etichetta da seguire
Alcune delle regole per utilizzare le bacchette sono già state esposte in quest’altro articolo. Vediamone altre non citate. Farne un resoconto completo è praticamente deleterio: ne esistono davvero tante oltre a quelle già citate. Ad esempio, secondo l’etichetta giapponese non bisogna avvicinare la ciotola al viso e buttare il riso in bocca usando le ohashi, non bisogna usarle per mescolare il contenuto del piatto né agitarle sopra le teste dei commensali per cercare il boccone da mangiare. Inoltre, bisogna stringere in una mano o la ciotola o le bacchette. Non sorprende sapere di tutte queste regole di etichetta, non sempre rispettate dai giovani. Si pensi all’usanza, ormai quasi in disuso nelle nuove generazioni, di mangiare sempre il riso tra una portata e l’altra. La cucina giapponese è caratterizzata da una grande attenzione all’estetica, mai pacchiana. L’apparente semplicità delle composizioni giapponesi è frutto di un disegno ben preciso.
Devono essere immerse in acqua prima di essere utilizzate
Tutti gli oggetti in legno naturale vengono immersi in acqua prima di essere usati. In questo caso specifico, prestando questa accortezza si evita che assumano lo stesso odore del cibo. Vediamo quindi l’ultima di queste cinque curiosità sulle bacchette giapponesi.
Anche il modo in cui sono disposte è molto importante
All’inizio abbiamo parlato dell’hashi oki e accennato alla disposizione delle bacchette. Approfondiamo la questione. Le bacchette non devono solo essere disposte parallelamente al bordo del tavolo. Ma anche vicini tra loro e davanti al commensale. Non al lato, dove usiamo spesso disporre fazzoletti e posate. A volte, però, potrebbe capitare di vedere delle foto in cui sono in posizioni diverse. Tuttavia, sono scatti realizzati appositamente: solo in queste occasioni è consentito cambiarne la posizione.
Il tema è così vasto che qualche breve digressione è stata d’obbligo onde evitare di essere troppo superficiali. Ciò nonostante, non è assolutamente esaurito, in quanto si ricollega ad un più ampio corpo di cultura giapponese e quindi di usanze non strettamente gastronomiche.