Il panorama dei mercati appare ancora caratterizzato da una diffusa debolezza. Intanto il tema principale resta l’inflazione e la possibilità che questa accompagni il panorama economico e produttivo ancora per molto tempo. In considerazione anche dell’andamento dei prezzi sulle materie prime ci sono motivi di ottimismo sul futuro dei mercati? A questa considerazione se ne dovrebbe affiancare una seconda e cioè: l’allarme stagflazione recentemente lanciato dal Financial Times è realistico?
Partiamo prima di tutto con il sottolineare un dato macro estremamente importante: i salari orari statunitensi di settembre. Stando alle ultime rilevazioni, infatti, si è registrato un sensibile aumento di 19 centesimi (0,6%) l’ora che, su base annua, diventa +4,6%. Una pressione che gli analisti stanno interpretando come un duplice indizio. In altre parole la prova prima di tutto che la FED potrebbe presto muoversi per un cambio di rotta. In secondo luogo, questa pressione sui salari sarebbe anche la prova che l’inflazione potrebbe restare sulla scena molto a lungo.
Ci sono motivi di ottimismo sul futuro dei mercati?
Sempre analizzando il pericolo di una possibile stagflazione, però, è necessario notare che l’economia USA ha creato meno posti di lavori rispetto alle aspettative. In questo caso non si è arrivati nemmeno a 200mila unità fermandosi, invece, a 194.000 nuovi posti di lavoro. Il tutto mentre le speranze puntavano ai 500.000. Ma per quale motivo concentrarsi per lo più sull’economia statunitense? Una risposta è più che ovvia: oltre ad essere la prima potenza al mondo, è una nazione il cui PIL dipende per i ¾ dalle spese e dai consumi privati. Da qui la domanda: per quanto tempo i consumatori americani riusciranno a mantenere un ritmo di spesa che possa confermare ad agosto lo 0,7% di aumento sulle vendite al dettaglio? E per quanto le Banche centrali continueranno a sostenere le rispettive economie?
Inflazione, dunque, ma soprattutto la sua durata, ancora al centro della scena. Soprattutto durante questa settimana che si apre e il cui calendario macro sarà caratterizzato proprio dalla pubblicazione dei dati di settembre sui prezzi al consumo nelle principali economie mondiali. Ma da monitorare è anche lo scacchiere geopolitico visto che l’andamento del gas ha subito un sensibile ridimensionamento dopo la decisione di Putin di aumentare l’offerta di materia prima proveniente dalla Russia. Il caso USA, invece, è ben diverso dal momento che, complice la rivoluzione dello shale oil, Washington ha da tempo raggiunto l’autonomia energetica.