Chi non paga le tasse continua a bloccare la nostra crescita economica. Cosa potrebbe fare lo Stato per fare più PIL? Sul PIL, cioè il famigerato Prodotto Interno Lordo, si potrebbero scrivere, come è stato fatto, interi libri. E’ stato definito da taluni detrattori il peggior indicatore, a parte tutti gli altri, parafrasando la famosa frase di Churchill sulla democrazia. Sia come sia, il PIL è ad oggi l’indicatore più utilizzato al mondo per indicare il benessere di una nazione.
Ma come funziona?
Riducendo realmente al minimo il tutto, il PIL non è nient’altro che la somma di quanto viene prodotto in una nazione, sia esso beni o servizi. Come una famiglia, per sapere quanto è ricca, somma i redditi di tutti i componenti, così fa una nazione come l’Italia.
Ma il PIL presenta dei problemi. Molti problemi, a dire il vero. Ma a noi, qui, ne interessa uno in particolare. L’enorme addizione che è rappresentata dal PIL non somma tutto con assoluta precisione. C’è anche una parte presunta, che non può essere misurata con i dati di imprese e famiglie depositati presso i vari enti. Chiaramente, stiamo parlando del sommerso. Cioè attività illegali, lavoro nero, e fenomeni difficili da osservare statisticamente. Ogni anno pare, da diversi calcoli, che questa cifra sia pari a circa il 10% del PIL reale. E dato che il PIL italiano, prima della crisi, era 2.084 miliardi di euro, il 10% è una bella cifra. Quindi chi non paga le tasse continua a bloccare la nostra crescita economica. Cosa potrebbe fare lo Stato per fare più PIL?
Chi non paga le tasse continua a bloccare la nostra crescita economica. Cosa potrebbe fare lo Stato per fare più PIL?
E’ una domanda realmente difficile, perché ciascun economista ha la propria ricetta, e ciascuno crede che sia quella giusta. I politici, poi, sono in perenne disaccordo. E, detto tra noi, è palese come non capiscano di cosa parlano, purtroppo. Le ricette che da loro vengono proposte sono generalmente semplificate ed il più delle volte non sono altro che richieste di benefici da finanziare a deficit.
Soldi che dovrebbero essere pagati dai nostri figli o da non meglio identificate risorse da far pagare al cattivo di turno (speculatori, evasori, ricchi, parassiti, etc). L’Italia, purtroppo, è in crisi nera dalla Grande Crisi Finanziaria. E neanche prima se la passava troppo bene. Il debito pubblico sale senza sosta, o quasi, dal 1970. Come uscirne?
Non ci sono molte alternative.
Bisogna detassare massicciamente le imprese, in primis, ed i lavoratori e le famiglie subito dopo. Ma per prime, assolutamente, le imprese. Perché? Perché sono loro che assumono. Senza imprese, non c’è lavoro per nessuno. Contestualmente, va aggredita la spesa pubblica con riduzione drastica, ma sul serio, della mostruosa macchina statale. Pubblica amministrazione in eccesso, che rappresenta un poltronificio generato da una politica corrotta ed assistenzialista. Eccesso che deve essere eliminato come si fa con le erbacce.
Le risorse dovrebbero essere incanalate solo in due settori: investimenti e protezione della disoccupazione. Sappiamo bene come queste ricette siano impopolari e che non farebbero mai vincere le elezioni a chi le proponesse. Ma sono realmente l’ultima possibilità per una nazione come la nostra, che non può più perdere neanche un minuto. E genererebbero un effetto fiducia su consumatori, detentori di case, lavoratori, famiglie, imprese. Fiducia che avrebbe ricadute immediate nello spendere e nell’investire, e quindi sul PIL.