Primi tre mesi dell’anno in emergenza per Carel Industries, così come per molte altre aziende colpite dagli effetti del Coronavirus.
L’azienda attiva nel condizionamento dell’aria e della refrigerazione ha realizzato ricavi consolidati pari a 78,7 milioni di euro, l’1,7% in meno rispetto ai primi tre mesi del 2019. Giù anche l’EBITDA che si è attestato a 14,4 milioni di euro (18,2% dei ricavi d’esercizio), mostrando un -8,7%, rispetto allo scorso anno. In flessione l’utile netto consolidato a 7,6 milioni di euro, con un calo del 14,1% rispetto ai primi tre mesi del 2019. La Posizione finanziaria netta consolidata è negativa per 61,9 milioni di euro, mostrandosi in linea con i 62,1 milioni di euro al 31 dicembre 2019.
Effetti del Coronavirus sull’attività aziendale di Carel Industries
Nei primi tre mesi dell’anno c’è stato il lockdown in diverse aree della Cina, che ha portato alla temporanea chiusura dell’impianto del Gruppo situato presso Suzhou. In Italia, invece, c’è stata la chiusura temporanea del principale hub produttivo di Carel (MIL:CRL) in provincia di Padova. Lo stop degli impianti, osserva Francesco Nalini, Amministratore Delegato del Gruppo, ha pesato tra i 6 e i 7 milioni di euro sui risultati del trimestre. Tuttavia, l’azienda ha registrato ricavi in linea con il primo trimestre del 2019. A dimostrazione dell’importante resilienza del suo portafoglio di business e della propria footprint produttiva.
L’AD sottolinea che si è registrato un debito netto stabile grazie alla robusta generazione di cassa che ha coperto sia gli investimenti che l’aumento del circolante.
Con questi risultati Carel Industries dimostra ancora una volta la capacità di reagire con velocità ed impegno a situazioni particolarmente sfidanti.
Le prospettive sono incerte, alla luce della probabile contrazione della domanda globale a seguito dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo.
Carel Industries opera attraverso 24 controllate e 9 stabilimenti di produzione situati in vari paesi. Forte la vocazione estera: circa l’80% dei ricavi proviene da fuori dell’Italia e circa il 30% fuori dell’area EMEA (Europe, Middle East, Africa).
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