Cancellazione dal Registro delle imprese di società di capitali: Ammissibilità dell’appello per mancata dichiarazione dell’evento in udienza e rapporti con il principio di ultrattività del mandato. Studiamo il caso.
Una delle questioni processuali più importanti, caratterizzanti il nostro codice di procedura civile, attiene all’appellabilità delle sentenze di primo grado, ovvero al divieto di ius novorum in appello. Divieto, quest’ultimo, che si concreta nell’inammissibilità di domande nuove, proposte per la prima volta con il mezzo di gravame.
La possibilità di impugnare pronunce, emesse in esito al primo grado del giudizio, è sottoposta a rigorosi limiti, da parte del legislatore, al fine di garantire certezza del diritto e di contenere il fenomeno dell’abuso di mezzi processuali, in omaggio ai principi di ragionevole durata dei procedimenti e del giusto processo, consacrati dall’art. 111Cost.
Non sempre, tuttavia, è agevole sussumere i casi concreti, sottoposti all’autorità del Giudicante, nel novero di principi generali o articoli del codice civile, o di quello processuale civile.
Al riguardo, sembra degna di menzione la quaestio iuris posta da una recente ordinanza interlocutoria della Suprema Corte (del 22 gennaio 2021 n. 1361, Sesta Sezione lavoro), avente ad oggetto l’ammissibilità dell’appello avverso la sentenza del giudice di prima cure, per mancata dichiarazione in udienza dell’intervenuta cancellazione della società, da parte del Legale della società cancellata. Il quesito può essere agevolmente tradotto nei seguenti termini: la mancata dichiarazione di un evento interruttivo (quale la cancellazione dal registro delle imprese di società di capitali), durante il primo grado del giudizio, può costituire un motivo di appello, avuto riguardo al principio di ultrattività del mandato alle liti?
La problematica dell’ammissibilità dello strumento di gravame, quindi, si interseca con una di carattere pregiudiziale e sostanziale, ovvero l’estensione del mandato alle liti “ultra petita”, letteralmente “oltre le richieste”, sottintendendo “spiegate in primo grado” da interpretarsi in base al combinato disposto di cui agli art. 82 c. c. e 85 c.c.
Cancellazione dal Registro delle imprese di società di capitali: Ammissibilità dell’appello per mancata dichiarazione dell’evento in udienza e rapporti con il principio di ultrattività del mandato
Segnatamente, la domanda pregiudiziale può essere così sintetizzata: “la procura conferita ad un Legale per il giudizio di primo grado si estende anche al secondo ed ultimo grado, in relazione ad eventi interruttivi non dichiarati in udienza, durante il primo?” (Domanda, questa, che ne sottintende, peraltro, altre, quali: “l’avvocato è tenuto ad informarsi sull’eventuale e/o prossima estinzione della società da lui stesso difesa in primo grado e a dichiarare l’astratta possibilità che tale evento accada, in udienza?” E ancora: “occorre provare che il Legale della società estinta era a conoscenza dell’evento estintivo?
Se la cancellazione della società è avvenuta successivamente alla conclusione del giudizio di primo grado, come può imputarsi al difensore della stessa di non aver dichiarato l’evento?”
Risolta la questione pregiudiziale, occorre inoltre chiedersi se l’evento interruttivo (nel caso di specie, cancellazione dal registro delle imprese) assurga a “domanda nuova”, in quanto tale, da dichiararsi inammissibile d’ufficio, ai sensi dell’art. 345 cpc.
In ordine alla problematica di carattere pregiudiziale, può osservarsi che la mancata dichiarazione o notificazione di un evento interruttivo, ad opera del procuratore costituito in primo grado, comporta che il difensore continui a rappresentare la parte, come se l’evento non si fosse verificato nella fase attiva del rapporto processuale, nonché in quella successiva di sua quiescenza od eventuale riattivazione dovuta alla proposizione dell’impugnazione. Sulla scorta di tali considerazioni, la Corte di Cassazione aveva ritenuto, in relazione ad un caso analogo, che il ricorso era stato correttamente notificato al difensore costituito nel giudizio d’appello per la società intimata, non essendo stato da questi dichiarato l’evento interruttivo.
Tuttavia, la risposta andrebbe calibrata in funzione del momento storico in cui la cancellazione della società avviene, rispetto alla pendenza del giudizio di primo grado.
Insoluta, invece, risulta la quaestio (connessa alla prima) dell’ammissibilità del gravame per omessa comunicazione dell’evento interruttivo (nella specie, cancellazione della società dal registro delle imprese). La risoluzione della questione viene demandata, per mezzo di un’ordinanza interlocutoria, alle Sezioni Unite della Suprema Corte. E’ chiaro che, sulla base del divieto di “nova” in appello, se la domanda non sia stata posta in primo grado, essa dovrebbe considerarsi inammissibile, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 345 cpc.
Considerazione, questa, che induce a sottoporre alle Sezioni Unite un quesito di più ampia portata: non è forse il caso di mitigare il divieto di proporre domande nuove in appello, introducendo una sorta di “finestra”, dalla quale fare entrare domande connesse a quelle proposte in primo grado, afferenti magari a fatti sopravvenuti medio tempore?
Ed ancora: La certezza del diritto va contemperata con il diritto ad una difesa “piena”, veloce, ma articolata in tre gradi del giudizio. Gli strumenti di impugnazione delle sentenze devono essere concepiti ed utilizzati proprio al fine di garantire certezza delle statuizioni definitive, passate in giudicato.
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