BILANCI DI (QUASI) META’ ANNO
ECONOMIA, FINANZA, MERCATI, TRADING:
QUALI RISULTATI?
QUALI PROSPETTIVE?
Intervista a Gian Piero Turletti
Ideatore metodo Magic box in 7 passi
Perché un bilancio di metà anno, o quasi?
Mi pare che sia opportuno, per non dire doveroso, analizzare in ogni attività quali prospettive si ponevano inizialmente, e confrontarle con i risultati ottenuti.
E’ quindi interessante considerare alcuni ambiti, ed in particolare i risultati che sono stati resi possibili in ottica di trading, nonché le prospettive economiche e finanziarie.
Ed iniziamo, quindi, proprio dagli obiettivi che lei si poneva con il suo metodo Magic box in 7 passi.
Cosa può’ dirci?
Mi ponevo soprattutto l’obiettivo di realizzare un metodo che indicasse non solo possibili target di prezzo, ma anche di tempo.
Un aspetto della tradizionale analisi tecnica, che a mio avviso ha sempre rappresentato una grave lacuna, è da ricondurre alla mancata individuazione delle tempistiche, cioè dei setup entro cui dovrebbe formarsi un minimo o un massimo.
Ne consegue che il potenziale guadagno su un’operazione è un’indicazione fallace, poiché non è certo la stessa cosa guadagnare, ad esempio, un 10 per cento in un anno, invece che in un mese o in una settimana.
Di qui, l’esigenza di capire non solo target di prezzo, ma anche le tempistiche, i setup temporali, entro cui determinati trend da un minimo ad un massimo, o viceversa, si possano realizzare.
Anche per questo motivo è nato Magic box in 7 passi, proprio al fine di stabilire precisi setup temporali, di breve, medio e lungo termine.
Quali risultati?
E’ soddisfatto della sua creazione?
Modestamente, direi proprio di sì.
Come molti lettori dei miei interventi su questo sito possono testimoniare, in molteplici occasioni sono stati centrati sia target di prezzo, che setup di tempo, che hanno dato modo di cogliere la totalità o quasi dei trend, ed anzi, di sapere cosa in anticipo avrebbe fatto un trend, i relativi minimi e massimi, e le tempistiche in cui si sarebbero formati.
E’ stata una soddisfazione quella di poter in molti casi anticipare i mercati.
Ma passiamo ad un argomento decisamente più scottante: come valuta l’operato del governo? Quale bilancio trarre sull’esecutivo di Renzi? Cosa si devono attendere gli italiani?
Parlerei di un bilancio, sinora, a luci ed ombre.
L’esecutivo si è caratterizzato per una sostanziale impostazione riformatrice, e può darsi che certi ambiti possano funzionare diversamente dal passato, fermo restando che spesso ogni riforma porta con sè lati positivi e negativi.
Ma, personalmente, preferisco concentrare l’attenzione sulla politica economica e finanziaria e, sotto questo profilo, mi pare ancora del tutto inadeguata l’impostazione del governo.
Vorrei ricordare, in tal senso, che il governo aveva inaugurato la propria politica economica con l’incremento dell’imposizione fiscale su rendite ed accise, non certo un buon viatico per chi prospettava riduzione della pressione fiscale e ripartenza economica.
Ma ora come valuta le più recenti prospettive e, in particolare, il dato sulla ripresa?
Come qualcuno ricorderà, in precedenti miei interventi avevo sottolineato come una serie di indicatori anticipatori avessero previsto una possibile ripresa economica, ma, come si dice, una rondine non fa primavera.
Peraltro uno 0,3 è un dato che potrebbe dipendere in gran parte da fattori esogeni, come l’Expo o il QE.
Dovrà pertanto confermarsi una tendenza più significativa, con conferme di ripresa anche per il periodo a venire.
Quanto alla impostazione della politica governativa, vorrei intanto sollevare un monito sulle cosiddette clausole di salvaguardia.
Non è incrementando Iva ed accise che si rilancerà la ripresa.
Il tutto richiede una particolare attenzione, soprattutto dopo le recenti sentenze della corte costituzionale.
Può approfondire meglio questi ultimi aspetti?
E’ ormai da molto tempo che vado dicendo che la politica economica del governo non può basarsi solo sul contingente, ma deve affrontare, una volta per tutte, i nodi di finanza pubblica che ci stiamo portando dietro da molti anni, anche perché può capitare che intervengano ogni tanto determinati eventi, come appunto le citate sentenze della corte costituzionale, con un aggravio nei conti pubblici, cui si dovrà pur far fronte.
Sotto questo profilo intendo essere molto chiaro: le sentenze della corte costituzionale implicano l’incostituzionalità di qualsiasi provvedimento futuro che si opponga all’adempimento dei loro effetti.
In materia pensionistica, quindi, il fatto che sia incostituzionale la riforma Fornero implica due tipi di effetti: obbligo di restituzione di quanto doveva essere versato ai pensionati ed obbligo, in futuro, di non reiterare analoghi provvedimenti normativi, e pertanto obbligo anche di adeguamento delle pensioni.
Qualsiasi provvedimento che cerchi di evitare questo, i giuristi ed in particolare i costituzionalisti lo sanno molto bene, sarebbe a sua volta incostituzionale.
Scontata la conseguente domanda: ma i soldi dove si trovano?
Un’altra recente sentenza ha dichiarato incostituzionale le nomine di dirigenti dell’agenzia delle entrate, tramite la prassi di delega di funzioni a chi non abbia superato il concorso di legge.
Anche una recente sentenza della commissione provinciale tributaria di Milano, sicuramente destinata a fare giurisprudenza, proprio in applicazione della decisione della consulta, ha peraltro confermato l’invalidità di avvisi di accertamento dell’agenzia delle entrate, sottoscritti da “dirigenti” che si trovino nella situazione di incostituzionalità, come definita dalla corte.
Ne conseguono entrate in meno per lo stato e gli altri enti pubblici, anche perché quella sentenza ha dichiarato, quanto alle spese processuali, il principio non della soccombenza, ma della compensazione, cioè ognuno si paga le proprie spese, solo perché il ricorso era stata presentato antecedentemente alla sentenza della Consulta.
Questo significa che per la commissione tributaria, la sentenza della corte evidenzia come il resistere in giudizio, da parte del fisco, a ricorsi presentati sulla base della incostituzionalità dichiarata dalla corte, sia manifestamente infondato ed implicherebbe che il fisco sia condannato a pagare le spese di controparte, oltre a poter essere condannato per resistere in modo manifestamente infondato.
Già queste due sentenze evidenziano, quindi, una necessità di copertura finanziaria e come la si raggiunge?
Personalmente, come molti lettori sanno, auspico il ritorno ad un pieno recupero di strumenti di politica monetaria, attualmente impediti dai trattati europei.
Comunque mi pare che la situazione di un debitore, qual’è lo stato italiano, non possa essere valutata solo sulla base del suo passivo.
Occorre anche considerare il suo attivo, e quindi considerare che, direttamente o indirettamente, l’Italia non ha, intesa come stato, solo debito, ma anche alcune delle riserve auree più cospicue al mondo, dopo USA e Germania, nonché riserve valutarie e partecipazioni societarie.
Occorre quindi ipotizzare, per ridurre sia debito che deficit, anche una dismissione, a mio avviso, di partecipazioni societarie nonché di riserve auree e valutarie.
Se la dismissione delle partecipazioni societarie non rappresenta un problema, lo rappresenta, giuridicamente, quello delle riserve aurifere, perché detenute dalla Banca d’Italia che, a seguito della privatizzazione del sistema bancario, pone il problema della proprietà delle riserve.
Eppure sin da quando era ministro Tremonti, fu adottata una legge che prevedeva di definire, con regolamento di attuazione, siffatte questioni giuridiche
Peraltro secondo autorevoli pareri, compreso quello di Draghi, già sin d’ora risulterebbe evidente che le riserve siano proprietà dello stato.
Inviterei pertanto l’esecutivo a definire, una volta per tutte, tali annose questioni e, invece che preoccuparsi di applicare clausole di salvaguardia che sarebbero suicide, per la nostra economia, pensi ad un programma di dismissioni dei suoi asset, non escluse le riserve auree.
Ne risulterebbe un flusso finanziario più che sufficiente non solo a ridurre il deficit, ma anche il debito, nonché a copertura delle nuove esigenze finanziare conseguenti alle sentenze della Consulta.
Infine, passiamo ai mercati: cosa dire?
In sintesi, nulla di nuovo, rispetto ai miei ultimi interventi, salvo l’ennesimo tentativo di inversione rialzista, nel momento in cui scrivo.
Rinvio pertanto, sul tema, a futuri interventi, per maggiori approfondimenti.