Secondo quanto ha stabilito una recente sentenza della Corte di Cassazione, il calcolo sulla rivalutazione delle pensioni deve seguire criteri più favorevoli per i beneficiari. Nella presente guida gli Esperti di ProiezionidiBorsa vi spiegano su quali trattamenti INPS è applicabile la rivalutazione e perché risulta più vantaggiosa.
Come funziona la rivalutazione dell’assegno previdenziale
A stabilire le nuove regole da applicare al computo relativo alla rivalutazione degli assegni pensionistici è la sentenza n. 20478/20202 della Cassazione. Arrivano rivalutazioni più alte per gli assegni delle pensioni INPS che si calcoleranno sul netto dell’importo e non sul lordo. Questa è una notizia che coinvolge nello specifico alcuni trattamenti previdenziali. La Cassazione ha deciso che il calcolo per la perequazione si deve svolgere considerando l’importo al netto di quelle che sono le quote non cumulabili. Questo fa sì che, trattandosi di un ammontare più basso, la rivalutazione risulti maggiormente favorevole per il beneficiario del trattamento.
Una decisione che si pone in contrasto al metodo di calcolo sul lordo che, a giudizio degli Ermellini, risulterebbe non equo. Ciò perché andrebbe a discriminare alcuni pensionati che percepiscono più trattamenti privilegiando quelli con trattamento unico. In particolare, i trattamenti previdenziali INPS che generalmente subiscono dei tagli se si cumulano ad altri redditi sono: la pensione ai superstiti di reversibilità o indiretta, le pensioni di invalidità e inabilità, l’assegno di invalidità
In quale percentuale si applica l’adeguamento
Arrivano rivalutazioni più alte per gli assegni delle pensioni INPS e vi spieghiamo perché. La perequazione, cioè la rivalutazione dell’importo dell’assegno in ragione dell’inflazione e del potere di acquisto, si applica in misura differente in base al trattamento. Nello specifico, si segue una differenziazione in relazione all’ammontare dell’importo secondo le seguenti regole:
se la pensione corrisponde a 4 volte il minimo, l’adeguamento è pari al 100%; per trattamenti tra 4 e 5 volte il minimo, l’adeguamento è applicabile al 77%; per le pensioni oltre le 5 volte e fino a 6, la rivalutazione è del 52%; le pensioni oltre le 6 e fino a 8 volte il minimo, si rivalutano in misura pari al 47%; tra le 8 e le 9 volte, l’adeguamento è del 45%; infine, le pensioni che superano il trattamento minimo di 9 volte, si adeguano al 40%.
Arrivano rivalutazioni più alte per gli assegni delle pensioni INPS: un esempio per capire meglio
In base a questi dati, perché le rivalutazioni sono più alte per gli assegni delle pensioni INPS se si calcolano al netto? Facciamo un esempio chiarificatore. Come abbiamo detto, la Cassazione ha stabilito che il calcolo si deve operare sul netto delle quote non cumulabili del trattamento e non sul lordo.
La Sig.ra Valeria percepisce una pensione indiretta pari a 2.700 euro lorda. Il trattamento però, al netto delle quote non cumulabili, corrisponde a 1.400 euro. In questo caso, la rivalutazione si applica all’importo netto delle quote incumulabili. Pertanto, questo meccanismo farebbe scattare il passaggio in uno scaglione di rivalutazione più vantaggioso. Quindi, se la Sig.ra Valeria riceveva un taglio della pensione a causa di altri redditi, ora otterrà una rivalutazione più alta sul trattamento al netto. Questo perché, a giudizio della Cassazione, l’applicazione della perequazione non risulterebbe equa nel descrivere la situazione economica dell’interessato se si applicasse all’importo lordo. Ecco perché arrivano rivalutazioni più alte per gli assegni delle pensioni INPS.
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