A che livello l’inflazione e i tassi di interesse sono negativi per il ciclo economico e per la crescita dei mercati?

inflazione

Recentemente in Italia, Confindustria ha lanciato l’allarme: le materie prime registrano un incremento molto alto dei prezzi e le industrie, soprattutto metalmeccaniche, sono in difficoltà. Si tratta di un primo segnale di quel rincaro dei prezzi di cui si è parlato molto ultimamente? Ma a che livello l’inflazione e i tassi di interesse sono negativi per il ciclo economico e per la crescita dei mercati?

L’inflazione

Gli ultimi dati macro riferiti a gennaio, hanno confermato un aumento, anche per il Vecchio Continente, dell’inflazione. Si è trattato di un +0,9%, ovvero lo 0,4% oltre le attese. Il motivo, come sempre accade, non è singolo. In questo momento la situazione economica è estremamente fragile e la crisi arrivata con la pandemia da coronavirus, molto grave. L’aiuto fornito dalle Banche Centrali è stato provvidenziale. Si tratta, però, di un aiuto che si sta protraendo, per ragioni differenti, da oltre 10 anni. Il che ha portato alla nascita di forti timori circa il risveglio improvviso di un’inflazione finora controllata.

Non ultimo, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann che parla, per la Germania, di un’inflazione media al 3% per i prossimi 12 mesi. Forse troppo per riuscire a reggere in un panorama critico come quello attuale. Risultato: con una clamorosa decisione la Bundesbank non pagherà i dividendi. Non accadeva dal 1979. Dall’altra parte dell’oceano, invece, il Congresso ha finalmente approvato il piano di aiuti da 1.900 miliardi, piano che porterà ad ogni singolo americano qualcosa come 1.400 dollari.

A che livello l’inflazione e i tassi di interesse sono negativi per il ciclo economico e per la crescita dei mercati? Fondamentalmente le varie Banche Centrali, soprattutto in occasione delle ultime strategie di sostegno all’economia nate con la crisi dei subprime del 2009, hanno sempre tracciato una sorta di linea di demarcazione che si è attestata intorno al 2%.

La situazione e le previsioni

Tralasciando la storia dell’inflazione e la minaccia che rappresentava già negli anni Settanta del secolo scorso, è innegabile che il suo andamento attuale possa spaventare. Numeri alla mano per la zona euro si è visto un passaggio da -0,3% del dicembre scorso allo 0,9% del gennaio di quest’anno. Ma, per quanto in aumento, attualmente i livelli sono ampiamente sotto quella citata fascia del 2%. Negli Usa, ad esempio, non si va oltre l’1,4%. Ma gli esperti già avvisano: l’aumento ci sarà e sarà fisiologico. Per lo più dettato dalla naturale ripresa economica che arriverà con la fine della pandemia. Sarà infatti proprio la ripresa, è sempre Powell a sottolinearlo, a permettere di gestire in maniera serena, la ripresa dell’inflazione. il fenomeno dell’aumento dell’inflazione potrebbe vedere una serie di concause che ne incrementerebbero la corsa.

Infatti il problema nasce proprio dal fatto che, per via del coronavirus e della necessità di chiudere stabilimenti e attività industriali, le dinamiche produttive si presenteranno alterate e potenzialmente rallentate. Come anche gli approvvigionamenti. Parallelamente il potere d’acquisto di una domanda repressa, e quindi di maggiore disponibilità per i consumatori, potrebbe funzionare da volano per far salire i prezzi.

Da qui un possibile, ulteriore, incremento del costo delle materie prime. Aumento sul quale Goldman Sachs, Bank of America e JP Morgan concordano.