Stando a quanto visto finora, le banche italiane hanno adesso una capacità maggiore di assorbire le perdite potenziali.
Tanti gli sforzi fatti
Soprattutto considerando lo stato in cui le sorprese la crisi del debito sovrano all’inizio del 2012. Una posizione consolidata anche grazie ai numerosi sforzi per aumentare le riserve di capitale. Purtroppo la politica resta ancora un delta discriminante non indifferente.
Indubbio che gli istituti abbiano rafforzato i rispettivi bilanci negli ultimi anni, ma all’interno del sistema produttivo ed economico della nazione rimangono ancora un anello debole di una catena che non riesce a rafforzarsi.
La politica
Con l’avvento di un governo fondamentalmente eletto da una base populista si è creato un forte nervosismo sui mercati. Sul banco degli imputati, le recenti traversie create dalla politica. In seguito ad una manovra economica che l’Europa ha respinto più volte si è assistito ad una pericolosa impennata dello spread. A questo è seguito un forte aumento dei rendimenti sui titoli di stato, asset di cui le banche sono piene. A tutto discapito delle quotazioni sui mercati.
Mercati nervosi
Tradotto in numeri si parla di un -30% per l’intero settore bancario. Non solo, ma tutto ciò ha portato ad un forte nervosismo tra gli operatori del mercato. Infatti la manovra era (ed è tuttora) incentrata su una forte spesa pubblica e su diverse misure di assistenzialismo. Misure che potrebbero impattare negativamente sul già enorme debito italiano (130% del Pil). Il tutto in un momento in cui la crescita economica è, per quanto positiva, comunque in una fase di debolezza.
La posizione di Tria
Negli anni sono stati fatti diversi interventi da parte dei vari governi a favore delle banche italiane. In particolare per alcuni piccoli istituti. Non solo. A far riflettere sono anche le differenti posizioni dei rappresentanti politici sul destino di banca Carige. Mentre i due vicepremier, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, non hanno problemi ad accettare l’ipotesi di una nazionalizzazione dell’istituto, l’attuale ministro dell’economia Giovanni Tria è di un’opinione differente. Secondo Tria, infatti, la soluzione preferibile è quella di mercato. Ma quella di Carige è solo l’ultimo esempio di un sistema che in molti temono fragile. Tanto che per la banca olandese ABN AMRO “Gli sviluppi nel settore bancario italiano sono il rischio principale per tutte le banche europee”.
Banche italiane_Conclusioni
Il 2019, inoltre, potrebbe portare qualche altra sorpresa non molto dolce per i conti italiani. Si tratta della fine del Quantitative Easing. Ovvero il programma di allentamento quantitativo che la banca centrale europea aveva creato per sostenere le nazioni in difficoltà. Sebbene gli acquisti di titoli di stato siano stati già bloccati, i tassi di interesse sono rimasti ancora molto bassi. Il piano iniziale varato da Francoforte punta a rivederli al rialzo solo dopo l’estate.
Quale sarebbe il problema?
A fine anno il governatore della Banca Centrale Europea verrà sostituito e la politica dei tassi, decisa dall’attuale numero uno della Bce, l’italiano Mario Draghi potrebbe subire un deciso cambiamento. Cambiamento che potrebbe costare molto caro all’Italia, soprattutto in senso economico. Da ricordare, infatti, che una delle voci più pesanti su un debito pubblico da record sono gli interessi. Gli stessi che, aumentando i tassi, aumenteranno di conseguenza.